N.D.R: Non è ancora chiaro se il racconto che mi appresto a narrare fu frutto della mia superba immaginazione o semplicemente l’agghiacciante realtà.
Il mio nome è Jack Roberts, faccio il falegname per mestiere e la mia vita, fino a quel giorno, procedette tranquillamente. Sono passati ormai 5 anni dagli avvenimenti che sconvolsero la mia esistenza.
Correva l’anno 1832 ed io, con la solita tranquillità che alberga nel mio locale, mi apprestai a vivere una giornata di normale ed umile lavoro. Durante il pomeriggio si abbatté una pioggia che definire torrenziale è dir poco, e la sera, quando il sole tramontò lasciando noi poveri umani privi di luce, accesi una candela per illuminare la mia stanza di lavoro.
Dalla piccola finestra di vetro sopra la quale si abbattevano senza pietà enormi gocce d’acqua, scorsi un povero ed indifeso gatto bianco che, con il suo sguardo supplichevole, mi chiese di entrare per ripararsi dalla pioggia. Io, che ho sempre avuto una passione quasi maniacale per gli animali ed in particolare gatti, ubbidii subito, e poco dopo il gatto si trovò a farmi le fusa vicino alla mia gamba sinistra, al riparo dalla pioggia.
L’animale cercò di prendere confidenza con il negozio e, appena vide la candela accesa, si ritrasse subito all’indietro. Ancora ignaro del potere di tale oggetto, afferrai il gatto e lo portai a scaldarsi vicino al fuoco.
Appena la bestia avvertì il calore generato dall’ardore della candela, con un balzo felino uscì dalla finestra ancora aperta e, una volta all’esterno, si accasciò senza vita. Ormai si era fato troppo tardi per occuparsi ancora di animali malati, presi i miei oggetti e, prima di uscire, soffiai sul fuoco della candela per spegnerlo. L’ardore si fece sempre più vivo e, nonostante i miei continui tentativi, il fuoco non cessò.
A quel punto, con una goccia di sudore freddo che percorreva la mia nuda schiena, appoggiai la candela all’esterno della finestra, e visto che il terrore che era entrato all’interno del mio corpo sovrastava la curiosità di attendere che la pioggia normalmente facesse il suo dovere, corsi a casa dalla mia famiglia.
Durante la notte mia moglie e i miei due figli morirono dissanguati. Tutti e 3 si tagliarono le vene con un coltello da caccia. Mio figlio con il proprio sangue scrisse la parola “Fuoco” sul lenzuolo. Mia moglie “Eterno” e mia figlia “Candela”. Per una settimana fui distrutto dal dolore, poi un giorno il battere della pioggia sulla finestra mi ricordò una faccenda da sbrigare. Uscii di casa incurante della pioggia che bagnò tutti i miei indumenti, corsi alla finestra e vidi ciò che mi fece uscire fuori dalla ragione per il resto dei miei giorni:
Quella maledetta candela era ancora accesa!
[Modificato da IL TAGLIAGOLE CANADESE 23/02/2007 16.20]