| | | OFFLINE | | Post: 2.005 Post: 320 | Registrato il: 18/02/2010 | Città: ROMA | Età: 31 | Sesso: Maschile | Power Handler | King Of Fight | Skyblue | |
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06/11/2015 21:48 | |
Per leggere in successione il lavoro di Skyblue, questo mese seriale.
I
Testo nascosto - clicca qui 27/11/2009
Io non dovrei essere qui.
Continuo a ripetermelo. E lo faccio mentre le mie orecchie preferiscono abbandonarsi al quieto scorrere dell’acqua bollente che intorpidisce i miei sensi e risveglia un piacere che non provavo da tempo. Ho capito. Ho i capelli bagnati, avverto le bolle risalire dalla mia bocca verso la superficie che nasconde l’intimità del mio dolore; in realtà è il fondo, il mio mondo è sottosopra, le mani aggrappate ai bordi della vasca come un naufrago errante che si lascia spingere dalla corrente verso un orizzonte che non gli promette niente e gli toglie tutto.
Apro gli occhi, schizzi celesti macchiano la tela del mio ricordo, il colore del cielo che è anche quello dell’abisso. A poco a poco diventa nero, il colore del Nulla e quello del Tutto, perché è solo quando non ci manca niente che la nostra vita volge alla fine. È il desiderio che ci permette di respirare. L’andare avanti. Prima o poi riuscirò a fermare le lancette che delimitano la distanza tra passato e futuro, il presente è un ponte, il presente è l’illusione, il passato il desiderio, il futuro la delusione, la mia maschera che riflette il volto del mio avversario sul ring vi si apre come la forbice sulle mie vene.
L’acqua striata d’un rosso spento penetra nei miei polmoni. Ci vuole una forza di volontà notevole per andare avanti, giunti a questo punto, dicono. Ci vuole una forza di volontà notevole per non emergere, dicono. Ci vuole una forza di volontà notevole per non lasciarlo, questo mondo, dicono. E non è vero. Quella che ci vuole, è una grande, enorme forza di volontà per tornare indietro e vedere tutto ciò che si aveva e che si è improvvisamente perso. Perché è lì che si avverte il vero dolore, è lì che riposa tutto ciò che se n’è andato.
E allora un pensiero pervade la mia mente, uno degli ultimi, proprio quando sono riuscito a sconfiggere il male, il tempo, esattamente nel momento in cui le lancette si son fermate e pochi secondi son diventati pochi minuti e preso diventeranno ore e poi giorni e anni e secoli, fino a quando il mio nome non riecheggierà negli abissi del ricordo.
Non bisogna desiderare niente.
Bisogna morire!
Cessar di vivere dev’essere la priorità di chiunque, perché l’unica via di fuga. L’unica scelta. L’ho capito oggi pomeriggio, quando sono uscito dalla palestra, dopo l’ennesima presa in giro. Dopo l’ennesima retrocessione tra quelli che sono come me da parte di quelli che sono come io vorrei essere. Non meritano di essere così. Non lo meritano proprio. “Io non sono come gli altri” è una frase bruttissima da pensare. Bisogna pensare: “Io sono come gli altri!”. Bisogna pensare: “Io sono tutti, e quindi non sono nessuno!”. Perché è solo così che ci si riesce a confondere tra la folla e vivere la vita come andrebbe vissuta. Senza desiderio. Senza niente. È bellissimo non desiderare niente. Si ha tutto quello che si serve.
Quello che ho visto nel mio riflesso sull’acqua da piccolo lo porterò nella mia tomba, se mai ne avrò una, e nessuno lo saprà Mai. Sempre. Mai. Sempre. Mai. Sempre.
Io sono nel posto in cui dovrei essere adesso. Finalmente. Sott’acqua. Privo del benché minimo desiderio a rialzare la testa. Ho sconfitto il tempo. Ho sconfitto la vita. Ho vinto sulla morte. Tra poco nascerò. È il momento più bello della mia vita.
Gli occhi si chiudono. Il cuore rallenta. Sento il tempo. Per la prima volta. Da quando sono nato. Tocco, con le mie stesse mani, il valore della passione.
Il cane che sta graffiando la porta del bagno non conta niente.
Il suo abbaiare furioso vale quanto il silenzio della città rasa al suolo da diecimila bombe atomiche.
La finestra del vicino che si apre conta quanto un ponte che collega due metropoli che crolla mentre cinquemila automobili vi transitano.
La sirena dell’ambulanza. Mi addormento. Il medico. Mi piace pensare che sorrida. Mi tolgono le bende. Io vedo quello che ho sempre visto in tutta la mia vita. Il mio volto riflesso sull’acqua.
Io non dovrei essere qui.
II
Testo nascosto - clicca qui 27/11/2011
Un orologio appeso al muro di un lurido spogliatoio di una palestra di periferia scandisce il trascorrere dei secondi.
Qualche volta, nella frenesia della nostra esistenza, bisognerebbe fermarsi e chiedersi: dov’ero un anno fa? Non me lo ricordo. Ma ricordo dov’ero due anni fa, confinato negli abissi della mia vita, il freddo che mi penetrava nelle narici e affondava nei polmoni, poi un brivido caldo, e il nulla. Tra venti minuti salirò sul ring, alla pari con l’avversario che affronterò, e sono qui a pensare al passato, la realtà definitiva, perché tutto ciò che è presente diventa passato, mentre il futuro è un periodo indipendente e indeterminato, un campo minato in cui non ho intenzione di metter piede.
È per questo che non bisogna mai chiedersi “dove sarò tra un anno?”. È una domanda che si basa sull’assenza di una risposta. “Dov’ero un anno fa?” è, invece, un legittimo dubbio.
Non desidero nulla. Non lo faccio per soldi. Non bisogna desiderare. Non bisogna possedere. I polsini coprono le cicatrici formatesi in quel pomeriggio uggioso. Ho giurato che non l’avrei fatto più. Che avrei vissuto la mia vita, penosa o gioiosa che sia, nel segno delle tenebre. Me ne sono successe troppe. Ma a chi? A me stesso?
Prima ho visto il fuoco. Poi il sangue. Ho trovato un denominatore comune nel colore rosso.
Ciò che vedo e ciò che avverto sono due occhi rossi dietro un cespuglio, in una foresta buia. Fisso il mio sguardo interiore su tale immagine, e nessuno può sconfiggermi, fintanto che sarò vivo, fintanto che sarò in grado di immaginare. Per questo la mia maschera è rossa. Qualche anno fa ebbi una visione: una maschera celeste che cade dal cielo, la indosso e mi aiuta a vincere contro il mio avversario.
Non significa niente. I sogni sono vuoti, sono passeggeri sulla canoa che percorre il mare dell’esistenza. È un mare mosso e tante navi sono affondate. Tanti idealisti sono affondati. Il mio sguardo è incapace di catturare tutto ciò che mi sta accanto.
Dove diavolo ero un anno fa?
Passano i secondi. Il tempo a mia disposizione si esaurisce. Ricordo la vasca piena di sangue. Ricordo l’acqua sul mio corpo ferito. Sentii tutto questo. Poi devono avermi portato da un medico, dev’essere stato quel cane che mi avevano regalato che dovevo portare sempre a passeggio non ricordo per quale motivo, si sarà messo ad abbaiare ed avrà attirato le attenzioni del vicinato, mi hanno impedito di uccidermi, mi hanno impedito di raggiungere i miei genitori dove dove non lo so.
Buio. Buio pesto. Non dovrei essere qui. Non a combattere, avevo giurato di non farlo più. Un anno fa…
No. Quello era stato due anni fa.
Ma allora dov’ero un anno fa? E perché sono qui a combattere, adesso?
L’orologio cade, i vetri s’infrangono, riflettono la persona che sono, la persona che ero, la persona che sarò.
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