Era una giornata fresca e soleggiata in quel di Lorain. Ormai avevo smesso di lottare da tempo, eppure la vecchia vita non mi mancava per nulla. Non mi mancava il ring, non mi mancavano le fortunose vittorie e le sfortunate sconfitte.
Sempre se sfortunate si potevano dire, visto che probabilmente anche quelle erano dettate dalla mia fortuna, per evitare di farmi cacciare in chissà quale guaio.
E non mi mancava nemmeno lei, Elaine, la causa principale delle mie crisi nervose. Nelle ultime volte che sentii la sua voce, seppure esclusivamente via telefono, provavo un irrefrenabile e compulsava voglia di tagliarmi i polsi e mandare tutto a fanculo; sapete, la fortuna rende viziati e intolleranti quando si vuole avere ragione, sebbene non la si abbia.
Mentre ritornavo con la mente a qualche mese addietro, uno scroscio d’acqua fredda gelata sulla mano destra mi fece tornare alla realtà: si trattava di Rufus, il mio socio, che mi aveva colto in flagrante mentre fantasticavo quando invece avrei dovuto lavare le tazzine e servire 2 cappuccini a degli uomini d’affari molto probabilmente di passaggio.
- Lavora di più e fantastica di meno su quelle troie che frequenti nel tempo libero, idiota – mi disse. Mi limitai ad annuire con la testa, dunque riempii due volte il contenitore del caffè e lo avvitai alla macchinetta della moka premendo successivamente il relativo tasto affinchè la bevanda fosse pronta a breve.
Tempo 2 minuti ed i due business man potevano gustarsi la loro amara ma gustosa tazzina direttamente al tavolino ove erano seduti, servii loro le tazzine e mi avviai a tornare dietro al bancone, quando però mi sentii strattonato e trattenuto per un braccio.
- Tu per caso non sei Garet Jax, quel tizio che qualche mese fa faceva wrestling?
Aspettai qualche attimo prima di rispondere, deglutii, quindi feci per aprire la bocca ma fui trattenuto.
- Me l’immaginavo… nonostante tu abbia cambiato look e pettinatura sono riuscito a riconoscerti… eheheh… comunque, sei fortunato anche nella realtà allo stesso modo di come lo sei in tv?
- Certo, guardi che la mia non era una gimmick, semplicemente sfruttavano una caratteristica della mia vita.
- Per me questo tizio dice una marea di cazzate – disse il collega.
- Beh, possiamo dimostrarlo solamente giocando… avete delle carte da poker?
- Si che ne abbiamo, ma vi avverto, questo figlio di puttana è troppo fortunato per chiunque, non sono mai riuscito a vincere contro di lui!- esclamò Rufus.
- E allora giochiamo!
Passarono all’incirca 20 minuti. Il bello del locale dove lavoravo è che tra le 14 e le 16 non passava quasi mai nessuno, quindi potei godermi in santa pace quella partita. I due uomini d’affari oramai erano con gli occhi sgranati e le mani semi tremolanti dalla tensione, in poche mani avevano giocato quasi 6000 dollari senza essere riusciti a vincere neanche una mano. Uno di loro era uscito dal gioco, avendo terminato il denaro, l’altro invece era rimasto avendo ancora a sua disposizione 200 verdoni. Rufus semplicemente si limitava ad uscire dopo aver piazzato il controbuio, sapendo di non avere alcuna speranza.
I due business man avevano scelto di giocare a Texas Hold’Em nella speranza di avere qualche chance in più, ma i fatti gli stavano dando torto.
Stranamente però con quest’ultima mano, appena dopo aver estratto l’ultima carta da piazzare sul tavolo, quello rimasto in gioco si tranquillizzò e decise di rilanciare fino ad andare nell’All In.
Sul tavolo erano presenti un 2 di quadri, un 5 di picche e 3 assi, mancava solo quello di picche.
Al momento di scoprire le carte, baldanzoso Richard, questo il nome di uno dei due, mostrò la sua combinazione: full chiuso con il 5 di fiori.
Si alzò e allungò la mano verso la posta giocata, contemporaneamente un sorriso gli si dipinse sul volto, sorriso che però fu presto tramutato in una smorfia di preoccupazione appena mostrai le due carte in mio possesso.
Per sua sfortuna, io avevo concluso con un poker, mettendolo fuori gioco.
- Maledizione, tu bari! – urlò.
Detto questo, si alzò estraendo e puntando una pistola contro di me. Sentii un botto, dopo ciò non ricordo più nulla.
Mi risvegliai in una giornata nevosa. Più che nevosa, grigia, infatti molto probabilmente pochi minuti prima che riaprissi gli occhi del nevischio era caduto sull’asfalto rendendolo di un colore più candido, sebbene sempre sporco.
Non sapevo quanto tempo rimasi svenuto, ciononostante con mia grande sorpresa trovai dei fiori vicino al mio letto; delle violette.
Mio padre era morto e mia madre non amava i fiori, così come me, mentre se fosse stata Elaine con un suo ritorno a lasciarmeli allora non avrebbe scelto questi, ma molto probabilmente delle mimose, che lei amava tanto.
Innalzai lo sguardo verso il bianco soffitto, ma nel muovere la testa ebbi dei conati, dovuto sia allo sforzo compiuto per il movimento che per il forte odore di medicine presenti nella mia sala dell’ospedale.
Ero fortunato, come sempre, infatti nella stanza non era presente nessuno, dunque avevo pieno potere sul telecomando. Accesi la televisione, su un canale locale stavano trasmettendo uno dei miei film preferiti, eppure in quel momento non ne ricordavo il nome. Venni comunque distolto dal mio ragionamento nell’udire la porta scorrevole aprirsi.
- Lei è un tipo molto fortunato, signore! Infatti, dei 3 colpi che le hanno sparato, due la hanno preso di striscio alla spalla destra, il terzo invece non ha leso né organi vitali né muscoli, dunque è stato molto semplice rimuoverlo ed entro 2 settimane potrà tornare a condurre una vita normalissima!
- Che fortuna… - risposi io ironicamente.
- Io non la capisco signore, si è salvato per miracolo da uno scontro a fuoco dove il suo aggressore ha dimostrato di non avere la benché minima mira, e lei nemmeno è contento?
- No, tutt’altro, solo che io non ho una vita normale… mi arrangio proprio grazie alla mia fortuna, e come può vedere non sempre mi è d’aiuto.
- Non la seguo.
- Forse è meglio, è troppo difficile da spiegare come concetto in poco tempo, e io non ho molte parole da spendere. Avrei però una domanda: chi ha portato questi fiori?
- Ah questi? Beh, non so se posso dirglielo, mi hanno detto di darle questa notizia solo quando lei si sarebbe del tutto ripreso, anche psicologicamente.
- Di testa sono stato molto peggio in passato, perciò mi dica.
- Ecco, questi fiori li hanno lasciati i genitori della sua ex compagna di stanza. È deceduta ieri mattina. Sembra che la sua ultima volontà fosse stata quella di lasciarli all’unico uomo che lei ha sempre amato, nel caso non fosse sopravvissuta.
- E io cosa c’entro?
- Vede, lei non è stata l’unica vittima della terribile sparatoria di 3 giorni fa…
- Ho dormito 3 giorni?
- Si… comunque, è rimasta coinvolta anche una ragazza entrata nel locale poco dopo di lei.
- Continuo a non cogliere.
- Ci è stato detto di lasciarle detto il suo nome… Elaine Bats.
Mi riaddormentai di colpo.
Ormai era sparito il nevischio.
E anche le violette.
E anche la camera dell’ospedale.
Ero stato dimesso prima di ogni più rosea aspettativa, appena una settimana dopo il mio risveglio, in quanto il mio corpo aveva auto una ripresa lampo nei punti in cui fu ferito. Molto probabilmente il merito era anche del mio passato da wrestler, che mi obbligava a riprendermi il prima possibile per poi rifarmi male la sera successiva.
Comunque, appena uscii dall’ospedale, decisi di farmi una passeggiata fino al bar dove lavoravo, nel quale mi stava sicuramente aspettando Rufus. Il motivo era perché non riuscivo a capacitarmi della morta di Elaine, e volevo verificare di persona andando al cimitero li vicino per controllare se fosse presente la sua lapide.
Passai due ore setacciando ogni lapide, e nel settore “C” ebbi l’amara conferma.
La sua foto, la sua data di nascita, quella di morte e una scritta, probabilmente una citazione di chissà chi, che non riuscivo a ricordare: “Vivi per amare, muori per l’amore”.
Inoltre, in basso sulla destra erano state intarsiate 2 lettere in corsivo: “GJ”
Garet Jax.
Dentro di me sentivo un enorme vuoto, profondo come i tetri abissi, eppure nessuna lacrima pareva scendermi dagli occhi. Perché ancora una volta la mai fortuna mi aveva giocato un colpo così basso? Che senso aveva?
Oramai con lei avevo chiuso ogni rapporto, e allora perché doveva tornare così all’improvviso, in modo così duro e diretto, e doveva andarsene irreversibilmente?
Mentre mi facevo queste domande, mi squillò il telefono: era Rufus.
- Ehy, Garet, come va? Ho sentito che ti hanno dimesso, bla, bla, bla…
Rufus era una macchinetta incontrollabile, quando attaccava a parlare non riuscivi più a fermarlo, eppure una interessante notizia mi colpì: un contratto da parte della WBFF.
Mai come ora avevo bisogno di sfogare la mia rabbia e la mia repressione, e mai come ora il wrestling sarebbe stato perfetto.
Mi stava dicendo che avevano in programma di mandarmi contro Mark Harrison, una giovane promessa del roster che aveva già saputo farsi valere in più occasioni. Sembra che questo tipo fosse il mio esatto contrario, un ragazzo segnato da mille sciagure come la perdita dei suoi cari e una famiglia da mandare avanti da solo nonostante la giovane età.
Mentre il mio socio continuava a farfugliare parole a vuoto e di minimo interesse, notai una curiosa lapide vicino quella di Elaine: Mark Harrison – 1946/1966
Aveva lo stesso nome e la stessa età del Mark Harrison che dovevo affrontare io, ovvero vent’anni.
Solo che era anche morto vent’anni prima della nascita dell’Harrison che avrei dovuto affrontare.
- Ok, Rufus, concetto chiarito, attendimi al bar, arrivo tra poco.
Con queste semplice parole lo liquidai, e subito tutto mi fu più chiaro: seppur facendomi soffrire, la mia fortuna aveva voluto giocarmi questo scherzo per farmi capire che dovevo tornare al wrestling.
La morte di Elaine, la morte della mia vita passata, e la rinascita di tutto.
Oh, si, tutto mi era più chiaro. Un nuovo Garet Jax stava per arrivare.
Questo era indubbiamente il mio giorno fortunato.
O, comunque, uno dei tanti che però segnarono la mia vita… e uno di quelli che avrebbero segnato in futuro la vita di Harrison.