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Dissoluzione di (ogni) status [Spot Garet Jax/Stivi x GOH]

Ultimo Aggiornamento: 01/09/2007 19:22
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27/08/2007 20:42
 
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Stivi, immerso in una stanza buia...
Tutto, attorno a lui, è indefinito.
Un’unica luce con condensazioni di blu elettrico al suo interno crea un pallido gioco d’ombre. Un oggetto di comunicazioni per immagini, un creatore di simboli, un propagandista della tendenziosità.
Stivi guarda quella scatola chiamata televisore e osserva un diluvio di immagini prive di sonoro.

La prima sequenza di immagini che appare dopo la turbolenza dettata dalla mancanza di trasmissione vede il primo contrasto evidente.
Nella prima, un prete parla dal pulpito. I suoi modi, i lineamenti del volto, il modo con cui muove le mani conferiscono un senso di calma assoluta. Il suo volto è quello di un padre amorevole. I suoi gesti sono rassicuranti. È la religione che indica la via della luce, via rassicurante.
La seconda scena, ci mostra una pianura notturna, che verso l’orizzonte diviene gibbosa. Una serie di figure ammantate di bianco si aggirano per tale collina. La telecamera compie un rapidissimo zoom, e le figure si palesano nei loro cappucci bianche e nelle loro tonache di identica tintura: Klun Klux Klan. Minacciosi, alzano delle croci e ne danno fuoco, inneggiando silenziosi al primato della razza. Conferiscono inquietudine, rabbia, timore, sgomento. È la religione che indica la via del fanatismo, via ottenebrante.

L’occhio di Stivi si muove nervoso, famelico di quelle immagini. Dietro di lui, l’aquila appoggiata sul davanzale apre le ali e intona il suo canto. Il ragazzo le intima di smetterla, e il rapace ubbidisce, mentre una scarica di energia statica intervalla la sequenza precedente da quella successiva.

La seconda sequenza mostra un nuovo contrasto, più sottile del primo.
Un magnate dell’industria è intervistato ad un telegiornale: portamento elegante, sicuro di sé, sorriso accattivante e atteggiamento dell’uomo arrivato. Genera invidia, ma anche ammirazione, rispetto e timore reverenziale. Qualcuno lo prende a modello come esempio della persona che ce l’ha fatta, ritenendo che lui sia la cartina di tornasole per la quale tutti possono farcela ad emergere. È il capitalismo nella sua lettura più illusoria: il Grande Sogno Americano mondializzato.
La scena successiva mostra una fabbrica occupata durante uno sciopero operaio degli anni Settanta. Le condizioni di lavoro sono deteriori, strepita uno striscione. Fascisti e borghesi, ancora pochi mesi, urla un altra tela vergata da bombolette spray. I lavoratori sono riuniti in assemblea permanente. Fino a quando avviene il colpo di coda: la polizia fa irruzione, abbattendosi sui presenti con manganellate e violenze, disperdendo i manifestanti. È il capitalismo nella sua lettura più autentica: la sopraffazione dei pochi sui molti, con conseguente cortina di controllo delle masse.

Stivi si accomoda sulla poltrona, sembra quasi esausto. Dietro di lui, un cobra si alza, la testa scattante come pronta a colpire. Ma l’uomo lo rimprovera come già aveva fatto con l’aquila, e il rettile si rilassa sul pavimento, quasi addormentato. L’atmosfera è elettrica, i suoi animali sono nervosi. Ma quando le scariche di energia statica si dissipano per cancellare la sequenza precedente e preparare la successiva, l’attenzione di Stivi si riconcentra sullo schermo.

La prima scena ci mostra una comunità di Rastafari, immersi nel loro equilibrio con la natura, che ne trae da essa beneficio senza alterarla, vivendone le caratteristiche con simbiosi perfetta, nella ricerca dell’inalterabilità. È l’uomo essenziale, che vive secondo il proprio impulso più ancestrale.
La seconda scena rivela una città industriale, fumi che si alzano dalle fabbriche, fiumi devastati dal liquame, aria irrespirabile, ciclisti con maschere protettive in mezzo al traffico cittadino. È l’uomo opulento, che distrugge il suo ecosistema per avidità.

Nuova scarica di energia statica.
In un angolo della stanza, un tigre albina rivela il suo ruggito. Anche per lei, un rimprovero che non può disattendere e che le ridona calma.
Il televisore si spegne e la stanza piomba nel buio più assoluto. Ad accendersi, sono i pensieri di Stivi.

Ho un amico che mi considera nemico.
Ho un alleato che mi considera minaccia.
Ho un compagno che mi considera antitesi.
Ho un collega di lotta che creda che io sia una forza pronta a collidere contro di lui.
Ho un mio simile che mi considera opposto.
Ma il mondo crea equilibrio dai contrasti. Crea la dialettica necessaria per ricrearsi giorno dopo giorno, e senza ricercarlo esplicitamente, darsi un senso.
E noi saremo così: l’equilibrio dei contrasti.
Ognuno dissoluzione del proprio status.
Perchè il contrasto generi forza.

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27/08/2007 20:54
 
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“Politica… politica estera… sport… gossip… ecco, borsa!”

SCIAF!

Il mio trionfo era illuminato da una stranamente melliflua luce del televisore; erano ormai le 2 passate di notte, e in quella catapecchia affittata in attesa dei prossimi tapings non potevo immaginare ci fossero così tanti scarafaggi lieti di infrangersi sopra le più recenti notizie relative il crollo del Nasdaq. Se costava così poco alloggiarci poche notti un motivo ci doveva essere, ma non mi immaginavo fosse così allo scatafascio…
Appena entrato infatti una pesante sensazione di caos e disordine mi assalì, e l’immagine emblematica del quadro che mi trovavo di fronte era una bottiglia di tequila con verme rovesciata per terra e dei cartoni di pizza lasciati in un angolo, probabilmente appartenuti ad un vecchio cliente ben poco civile.
In questo momento, invece, a completare l’opera i soliti programmi trash appartenenti alla cultura americana che dopo una certa ora di notte davano il meglio di sé: repliche di quiz e telefilm anni ’80, un poliziesco straniero dalla trama ovvia, qualche immagine sulle candid camera giapponesi in un programma tanto in voga tra loro, l’ennesima riproposizione di “West Side Story” e, udite udite, a completare l’opera un programma per bambini su un canale indipendente. Alle 2 di notte. Mah.
Era interessante comunque notare come in quel programma il grosso pupazzo gommoso protagonista era impegnato nel torturare delle povere formichine con una lente d’ingrandimento; bel messaggio educativo che si dà ai nostri figli…
Per questa nottata ne avevo avute abbastanza, di dormire rischiando chissà quale malattia su quell’ammasso di chiodi sporgenti che dal proprietario veniva chiamato “letto” non ne avevo voglia, indi per cui decisi di mettermi una comoda camicia ed uscire.
L’unica che trovai era di una sottomarca indiana, la comprai durante uno degli ultimi tour della mia federazione, e sebbene i colori, blu e arancio, fossero molto contrastanti e regalassero il classico effetto “pugno nell’occhio”, a me piaceva e non poco. Vestitomi, mi avviai verso l’ingresso per un giretto.

Sera Phil.
Sera Garet.


Il padrone di casa. Un vecchio tozzo, marcato, sempre nella sua sudicia canottiera e con le spalle e il braccio destro pieno di croste e pustole. Che schifo. Però doveva essere pieno di soldi, vista la bella moglie che si ritrovava: si aggirava sui 45 anni, poche rughe e dei lineamenti ancora dolci nonostante l’età della menopausa alle porte.
Perdendomi nei miei ragionamenti notai di essere giunto al “centro” della “città”, se così si può chiamare questo agglomerato di palazzine sperduto nel deserto, e fu proprio il luogo in cui fu costruita questa città a farmi notare un qualcosa di particolare: una fontana.
Per parecchi minuti mi domandai da dove passasse l’acqua di cui, sebbene fosse talmente poca da bastare a soddisfare per una settimana una famiglia media, non sapevo nemmeno se fosse a fuoriuscita circolare da una tanica interna.
Un’altra cosa che mi incuriosì fu un barbone sdraiato lì nei pressi; un simbolo di ricchezza e benessere, la fontana, e uno di estrema povertà e malessere, un clochard. Dalla mia posizione sembrava stesse dormendo, ma non mi sarei stupito se fosse morto, infatti sembrava avere tracce di sangue sulla tempia e dei cenci a ricoprirlo ridotti veramente male; fatto sta che sicuramente non sarei andato ad aiutarlo, mi faceva una certa impressione; al massimo, avrei chiamato per lui un’autoambulanza.
Guardai l’orologio: le 2.59.
Non mi ero reso conto di essere stato fuori così tanto tempo, perciò decisi che era tornato il momento di fare ritorno.
Un rumore però attirò nuovamente la mia attenzione, si trattava infatti di uno strano miagolio, di quelli fatti per impaurire da parte dei felini, dunque mi voltai e notai che quel barbone sembrava essersi svegliato, e sembrava inoltre avercela con un gatto.
Contro la bestiola si limitava ad emettere solo strani versi e mugugni gutturali prima di immobilizzarla per la collottola, e a niente servirono i graffi del felino per liberarsi, infatti colto non si sa da quale impulso della fame il clochard diede un profondo morso alla sua preda.
La scena che mi si parava sotto i miei occhi iniziava ad essere disgustosa, sentivo il panino mangiato prima al fast food ritornarmi su per l’esofago, dunque decisi di voltarmi e non pensare più al pasto notturno precedentemente consumato e mi diressi il più velocemente possibile verso la mia camera. I versi straziati erano ancora alle mie spalle, nelle mie orecchie, non volevano più abbandonarmi, dovevo cercare qualcosa per sviare le mie attenzioni, dunque entrai nel primo luogo aperto trovato sulla strada: un cinema a luci rosse.
Alla cassa sembrava non esserci più nessuno, perciò mi avviai per il corridoio verso l’unica sala del luogo di ritrovo per giovani adolescenti sfigati ed arrapati oltre che vecchi maniaci deviati, fin quando, all’entrata della sala, un elegante signore in smoking non mi si parò davanti.
Molto probabilmente era il padrone del locale, solo che faceva effetto vedere un così elegante figuro proprietario di un luogo di perdizione come questo. Poi focalizzai i dettagli e tutto mi sembrò più logico: gran parte del suo volto, esclusa la fronte, era segnata da gravi segni di passate ustioni.

“Signore, il cinema è chiuso, questo è l’ultimo spettacolo. È iniziato da poco però, se vuole posso farla entrare lo stesso se paga il biglietto”.

Accennai un “no” con la testa che però passava in secondo piano se paragonato al mio volto visibilmente stordito. Ero mortificato se con ciò potevo aver offeso la sensibilità dello sfigurato in smoking, ma in questo momento desideravo solo uscire e fare un rendez vous con la normalità. Possibile infatti che gran parte delle lugubri e macabre stranezze della mia vita le avessi viste in questo posto?
Volevo scappare il prima possibile, ma nello stato in cui ero, ovvero solitario con i miei conati, potevo fare veramente poca strada, soprattutto se continuavo ad arrancare con passo da ubriaco come stavo facendo. Poggiai una mano al muro e l’altra sul mio stomaco, sentivo delle fitte allucinanti ma riuscivo ancora a trattenere il vomito, fino a quando non mi arrivò il colpo di grazia.

“Vuoi scopare, tesoro?”

Accanto a me, seduta a terra, avevo una delle più belle visioni della mia vita. È vero, era una prostituta, ma di volti belli come il suo non ne avevo mai visti. Nemmeno Elaine era così bella, giuro.
La meretrice notturna aveva capelli biondi e ricci, occhi blu profondo con sfumature verdi e zero trucco, giusto un paio di passate di matita sotto gli occhi; era inoltre vestita di bianco, giacchetto bianco, lingerie bianca, stivali in lattex bianchi.
Un moderno angelo portatore di sesso e lussuria, quasi una revisione di un cresciuto putto angelico medievale.
Poi il rigurgito mi salì definitivamente e vomitai.
Infatti, come prima il mio sguardo si soffermò sui particolari e notai che si stava iniettando nella vena del braccio destro chissà quale droga, mentre accanto a lei e ai suoi bianchi stivali giravano dei ratti di campagna.
L’ultima cosa che le sentii dire, mentre quei topi si dirigevano verso il mio rigetto fu un commento su questo, un commento di una grettezza inimmaginabile dettato probabilmente dalla fame, che mi fece riprendere parte delle forze, o quantomeno quelle necessarie per darmela a gambe levate.
Il lato positivo era che ora il mio stomaco perlomeno era a posto, quello negativo… beh, dovevo ancora trovarne uno rilevante, visto che mi sembrava banale dire che tutta la situazione era di per se un lato negativo.
Scappai per circa 2 isolati, dunque rallentai il passo e ricominciai a guardarmi intorno, cercando di togliermi dalla testa le precedenti immagini, ma più giravo gli occhi e più vedevo scene trucide e crude.
Per la strada vedevo ragazzi dal volto coperto da maschere ridicole, molto goliarde, che ricordavano quelle dei cartoni animati, strisciare chiedendo pietà a non si sa chi, vedevo coppie formate da ragazzi appartenenti alle più disparate classi sociali ridere di questi altri, dai punk con le ricche signorine di borgata alle gabber accompagnate da corpulenti metallari, passando per ragazzi con felpe targate Gucci e D&G che si baciavano con ragazze alternative abbigliate di vesti che parevano stracci e ricoperte di piercing per tutto il volto.
Vedevo due poliziotti spingere un anziano signore in un angolo per picchiarlo e infine urinargli addosso.
Una vecchia in carne con un carrello di quelli utilizzati per la spesa puntare una pistola alla tempia di un ragazzino di appena 8 anni, inginocchiato a terra e piangente.
Una scimmia che, per riscaldarsi, si accese un falò e lo tenne vivo gettandoci libri dei più grandi pensatori degli ultimi secoli, da Nietzsche a Freud a Kant.
Un orologio che segnava le 3.59, scoccare le 3.58 un minuto dopo.
Quell’immagine mi fece capire che oramai l’intelligenza e il senno, in questo posto dimenticato da Dio, non esistevano più.
Riuscii a farmi largo, passando più o meno inosservato, fino a giungere nuovamente alla mia dimora, se così si poteva chiamare, sebbene ormai mi sembrasse addirittura una reggia rispetto a quanto visto.
Attraversai l’uscio del portone, ma anche qui avevo l’impressione che qualcosa fosse diverso; infatti, al posto della scala che portava al 3° piano, dove era situata la mia camera, mi trovavo di fronte un lungo corridoio, e la sensazione di deja vu con il cinema a luci rosse fu impressionante. Feci qualche passo, e come al cinema mi si parò davanti qualcuno. Notai che si trattava sempre del proprietario, stavolta però senza ustioni in volto e vestito con un lungo saio nero con cappuccio.

“La vita è una partita a scacchi. Fai la tua mossa, Garet, ma attento a non farti dare scacco!”

Vidi alla mia destra una scacchiera, non saprei dire se fosse già presente o se si fosse materializzata sul momento, fatto sta che feci la mia mossa. Aprii con il cavallo, unica pedina che può saltare le altre, quindi anche tutta la schiera di pedoni. È una mossa astuta quanto banale; astuta perché solitamente ci si aspetta che si muovano i pedoni.
Banale perché la effettuano come apertura quasi tutti i grandi campioni, e io già era tanto se conoscevo le regole degli scacchi.

“Bene Garet, la fortuna ti assiste… prosegui.”

Il tizio si voltò e scomparve nel buio del lungo corridoio, che diventò leggermente in salita, lanciai quindi un occhio alla mia destra e notai che la scacchiera non c’era più, al suo posto era presente una rubrica aperta con il numero di telefono di uno psicanalista, probabilmente quello del padrone di casa, per quanto anche a me ora uno strizzacervelli avrebbe fatto comodo…
Proseguii nel mio cammino, sia alla mia destra che alla mia sinistra notavo porte aperte contenenti immagini indescrivibili per quanto fossero assurde, da donne infibulate che masochisticamente si masturbavano a uomini che si squarciavano le gambe solo per vedere il proprio sangue zampillare verso l’esterno.
Dopo 200 metri circa che camminavo per questo corridoio, l’ambiente circostante cambiò, le pareti si riempirono di orologi deformati come quelli del famoso quadro di non ricordo quale artista, mentre ai miei piedi il pavimento si tramutò in una sorta di sostanza informe che ricordava il catrame, sebbene tanto denso quanto bastasse a sorreggere il mio peso senza farmi sprofondare.
Gli orologi incominciarono a fondersi tra di loro, arrivando a formare due enormi occhi, uno per parete, che però sembrava dessero tutto tranne che l’impressione di osservarti.
Rallentai il mio passo per cercare di scorgere i particolari, e notai che nella pupilla di sinistra vi erano vari televisori mostranti scene del passato, scene di gladiatori che barbaramente si trucidavano, crocifissioni, scorticazioni e torture medievali per imporre la cristianità, morti ghigliottinati durante la rivoluzione francese, soldati che violentavano e seviziavano le donne durante la guerra del Vietnam e altre truculente scene.
Decisi di voltare lo sguardo verso la pupilla di destra, mi vennero mostrate immagini che non ricollegavo a nulla, sempre riguardanti morti e torture, ma con aggeggi mai visti indescrivibili. Mi resi conto che si trattava del futuro, e non era per nulla meglio del passato.
Provai a scacciare dalla mia testa quanto visto e ripresi a camminare lungo il corridoio; successivamente mi accorsi di essere in compagnia: infatti, ai miei lati, in senso opposto a me però, camminavano in fila indiana degli eserciti di scheletri, che proseguivano dritti ignorandomi.
Parlai troppo presto…
Infatti mi circondarono, lasciando un solo spazio vuoto a ore 5, per usare un termine aeronautico, che mi direzionava verso una camera.
In questo momento non avevo né la forza né la salute mentale per contraddirli, dunque decisi di affidarmi alla mia buona sorte ed entrare in quella stanza che mi indicavano.
Attraversai la soglia e magicamente mi ritrovai nell’alveolarità della mia camera. Mi guardai attorno: quotidiano con la macchia di scarafaggio sul tavolo, cartoni di pizza nell’angolo, chiodi sporgenti sul letto… tutto come ricordavo.
Mi andai ad affacciare alla finestra: vuoto totale per la strada, non passava anima viva. Mi girai verso l’orologio della camera, che segnava le 4.02.
Troppo contraddittorio, troppe contraddizioni avevo affrontato questa notte. Contraddittori come me il mio compagno.

Ho un nemico che mi considera amico.
Ho una serpe in seno che mi considera il suo asso nella manica.
Ho il mio delirio notturno come fratello non di sangue.
Ho un compagno di tag che potrebbe tradirmi in qualunque momento; anzi, non è detto che ciò non sia opera sua.
Abbiamo un obiettivo comune posto a metà tra lo Zenit e il Nadir, che siamo io e lui.
Cerchiamo una Sintesi chiamata Tag Team Title creata dallo scontro tra noi due, Tesi e Antitesi.
Sperando che tutto ciò crei una dissoluzione del contrasto.
Sperando che tutto ciò trasformi dissonanza in affinità.
Sperando che tutto ciò generi forza.
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27/08/2007 20:56
 
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spiegazioni varie sulla mia parte di spot le rimando a stanotte che sono piuttosto di fretta. buona lettura a tutti nel frattempo [SM=g27828]
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27/08/2007 20:59
 
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Solo Dibbio può mettere assieme nello stesso spot Gucci e D&G con Kant e Nietszche! [SM=x1183768]

Spot che rivelano quanto questi pg siano stati uniti in "cattività". Speriamo di aver centrato l'idea, a voi i commenti!
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27/08/2007 21:29
 
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Complimenti ad entrambi uno spot molto particolare per un duo altrettanto inusuale...Jax e Stivi...sarei curiosa di vederli campioni di coppia [SM=g27824]
Stivi mette un pò angoscia con tutti questi animali..è un personaggio molto particolare,Jax è geniale perchè in ogni spot viene rappresentato sempre in modo molto 'umano' nonostante la sua Gimmick di uomo fortunato...in questo caso anche alle prese con gli scaraffaggi!XD
Di nuovo complimenti [SM=g27811]
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Re:
eXtreme Beauty, 27/08/2007 21.29:

Complimenti ad entrambi uno spot molto particolare per un duo altrettanto inusuale...Jax e Stivi...sarei curiosa di vederli campioni di coppia [SM=g27824]
Stivi mette un pò angoscia con tutti questi animali..è un personaggio molto particolare,Jax è geniale perchè in ogni spot viene rappresentato sempre in modo molto 'umano' nonostante la sua Gimmick di uomo fortunato...in questo caso anche alle prese con gli scaraffaggi!XD
Di nuovo complimenti [SM=g27811]



Grazzzie con tre zeta!
Guarda che è arrivato Canzano... [SM=x1183764]

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Allora leggo immediatamente Canzano [SM=g27836]
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Re:
eXtreme Beauty, 27/08/2007 21.29:

Complimenti ad entrambi uno spot molto particolare per un duo altrettanto inusuale...




ODDIO! Avevo letto "un duo altrettanto omosessuale"! [SM=x1183766] [SM=x1183766] [SM=x1183766] [SM=x1183766] [SM=x1183766]


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28/08/2007 00:32
 
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Re: Re:
Kurtangle86, 27/08/2007 23.00:




ODDIO! Avevo letto "un duo altrettanto omosessuale"! [SM=x1183766] [SM=x1183766] [SM=x1183766] [SM=x1183766] [SM=x1183766]





Gabe, mi preoccupi, cominci a vederti riflesso dappetutto! [SM=g27828]

Spotti??? [SM=g27831]

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Re: Re: Re:
stivi handler, 28/08/2007 00.32:



Gabe, mi preoccupi, cominci a vederti riflesso dappetutto! [SM=g27828]

Spotti??? [SM=g27831]





Stasera [SM=x1183762]

E frociazzo sarai tu! [SM=g8143]


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29/08/2007 16:47
 
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Spot di enorme qualità, che mi fanno cagare sotto [SM=g27828]
In quello di Stivi le contraddizioni sono maggiori però, nel tema dello spot ha colto maggiormente il segno.
Dibbio invece è malato [SM=g27828]

Ah, povero micio... [SM=x1183767]
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30/08/2007 02:22
 
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Fascisti e borghesi, ancora pochi mesi

[SM=g27825]
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30/08/2007 20:40
 
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prima parte: spot di Stivi.
Geniale, efficace, quasi perfetto come quello delle scatole cinesi. L'ho trovato malato nel suo insieme, questa volta ho trovato pure una somiglianza fra Stivi e Canzano riguardante il tema del contrasto. Non l'ho capito fino alla fine, dove tutto si è chiarito nella migliore maniera.
Che dire: bellissima parte.

Ora leggo la seconda...

Che schifo la scena del gatto, per fortuna è durata poco, sono un amante degli animali e leggerla mi ha causato il voltastomaco.
Mitica la scacchiera, non è che c'era pure Kratos che giocava con pedine umane? [SM=g27828]
Grandioso, continua la fase disturbante, tralascio i dettagli.
Ahhhhhhh, ora capisco. Si trattava di contraddizioni.

Entrambi avete sviluppato il tema in maniera ottima, forse mi ha colpito di più la parte di Stivi perché nella sua narrazione malata ha tralasciato dettagli che invece Jax non ha avuto problemi a citare.

Il risultato complessivo è ottimo. Bravi, fra voi, Kastriotis, Porter & Crowley sarà una grande sfida.
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01/09/2007 19:22
 
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Spiegazione veloce del mio spot:

Ho inserito le contraddizioni sebbene in modo molto meno marcato e più "da ricercare" all'interno dello spot (esempio: le coppie di ragazzi di differenti status sociali), che altri non è che un viaggio nell'inconscio malato di Jax.
Non pensavo fosse la scena del gatto a impressionare, mi aspettavo commenti peggiori su alcune delle successive, probabilmente non sono riuscito a descriverle al meglio, ma forse meglio così... [SM=g27828]

Cmq, sappiate che ho intenzione di continuare su questo filone, forse... o che comunque se ne vedranno di altrettanto macabri di spot da parte mia per un po'... [SM=g27828]
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