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Il guardiano del faro [Spot Canzano per BR]

Ultimo Aggiornamento: 26/07/2007 15:52
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Stivi / Canzano
07/07/2007 17:28
 
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Il guardiano del faro

Corsivo: descrizione della situazione, attraverso gli occhi del Maldido
Scrittura normale: i pensieri di Canzano
Carattere grande: scritti che il Maldido trova nel faro, scritti da Canzano stesso ma letti come se appartenenti ad altre persone

Penisola dello Yucatan.
Sul promontorio che sovrasta le rive del Golfo del Messico, un faro trasandato si erge ad occhio della notte. Il suo occhio è un occhio cieco. Nessuna luce illumina la costa e il mare. Una ripida salita di scale decadenti conduce alla cima del faro. Una volta giunti, basta premere un pulsante e la luce si riavvia, in un vorticare ritmico, barbaglio dopo barbaglio.


La distesa, là in fondo, del mare. Perchè il Maldido mi ha condotto fin quassù? Sembra quasi un ambiente familiare, dove Canzano deve aver vissuto in un tempo ormai dimentico, quasi immemore. Che concezione del tempo, in fondo? Nessun tempo, come nessun luogo si palesano. Sfuggono. Immense anguille scivolose che non vorresti nemmeno più tentare di afferrare. Eppure lo fai il tentativo: allunghi le mani verso gli anni passati, quasi a volerli ripescare. E a che pro? Tu sei qui, adesso, condotto dal Maldido dove il Maldido voleva condurti. Le dietrologie si dimostrano deboli, le nostalgie sono solo catene di lacrime e disperazioni. Disperso, non ti cerchi più, vero, Canzano? Sei sul frangiflutti adesso, ti vedo. Lì che cerchi di arrampicarti per risalire verso la terra ferma, mentre lotti con un mare agitato che cerca di impedirti la risalita.

Il Maldido guarda dal faro.
Il ritmico passaggio della luce illumina di tanto in tanto la figura di Oscar Canzano sugli scogli. Il mare in tempesta gioca con il suo equilibrio, in maniera crudele. Il mare sembra reclamarlo, per un abbraccio mortale.
Poi, un nuovo buio e non si vede più nulla. Per qualche istante Canzano è lasciato a se stesso, al suo destino, senza occhi che lo scrutano.
Ma torna la luce.
Gli occhi del Maldido tornano a vegliare su di lui.
Canzano è sempre più in bilico. L’acqua che lo bagna, spruzzandolo, lo ha appesantito e la fatica sta facendo il resto. Oscar cerca di reagire alla furia degli eventi, ma non sembra in grado di resistere a lungo. Agita le braccia ad una nuova perdita di equilibrio.
Quindi torna il buio. Canzano è lì da qualche parte, non visto.
Qualche secondo, ed è di nuovo luce...
Ma di Oscar Canzano non vi è più traccia.


Sei tra i pesci, adesso, il Maldido lo sa. Nuoti per cercare di resistere alla corrente della vita che sfugge, anno dopo anno. Cerchi di non farti prendere dalla malinconia, riesumi la grinta e la voglia di reagire, sapendo che quello è il battesimo di una nuova esistenza. La ritieni più pura, più libera? Solo il tempo e il Maldido sveleranno se questa tua visione del futuro si rivelerà esatta. Stai lasciando tutto, Canzano, lasci tutto scivolare come l’acqua che ti sta attorno. Genuino come l’acqua stessa cominci a sentirti. Ti senti a tuo agio? Ti fidi del mare, Oscar? E ti fidi... si, dillo chiaramente... ti fidi del Maldido? Lui è lì, in cima a quel faro. Sa tutto di te ed è pronto a farne poltiglia, per farti nascere di nuovo. Non senti che il mare è come la placenta prenatale? Non senti la rottura di ogni cordone ombelicale in questo nuovo parto doloroso? Il Maldido lo sa. Forse allarga un sorriso. Tu nuota, Oscar Canzano. Muovi le braccia verso una nuova venuta.

Attraverso la trasparenza del mare, il Madido lo vede.
Nuota a pelo d’acqua, in uno stile impreciso ma efficace. Il Maldido può sentire il battito pesante del suo cuore in tumulto. Canzano assaggia il sale marino attraverso la bocca, e il Maldido sente la gola irritata dal salmastro. Stanno congiungendosi in qualcosa di unico ed indissolubile, ma il processo è ancora lento.
Buio, la luce ha girato.
Per il momento, c’è Oscar Canzano e c’è il Maldido. Divisi. Ancora distanti. Quanto manca al loro congiungimento?
La luce gira di nuovo, quindi nuovamente illumina.
Il Maldido vede Canzano uscire dall’acqua ed arrampicarsi lento sugli scogli. Sfinito ma sereno.
Il Maldido lo lascia perdere, per il momento. Arriverà quando sarà giusto che arrivi. Intanto allunga la mano e afferra un foglio di carta vergato in scrittura nervosa.


Che cosa vogliono da me, la condanna perpetua? Mi additano, dicono che è tutta colpa mia. I miei concittadini, quelli amici con cui ieri sera mi sono quasi ammazzato di rum oggi mi voltano le spalle. Mio padre è morto un mese fa: danno la colpa a me. Mia madre è morta poco dopo: danno la colpa a me. Mia sorella e mio fratello, morti anche loro: mia è la colpa. Poi Juan, Ernesto, il signor Gutierrez, Pablo... e ancora nomi, ancora nomi di gente deceduta: tutto sotto la mia responsabilità. Perchè? Dannazione, perchè? Sto vuotando l’inchiostro della penna su questo foglio per cercare un motivo razionale a quegli indici puntati verso il mio petto. Sputano per terra quando mi vedono passare, quindi scappano in preda al panico. Incuto il terrore più profondo, sebbene nell’animo io sia una persona quieta. Deve esserci un motivo perchè io sono dichiarato il responsabile e non un altro. Ci sarebbero molte persone da odiare in questa città, ma scelgono me. Additano, giudicano, condannano. E se chiedo il motivo di questo atteggiamento nei miei confronti, la risposta e sempre la stessa: uno sputo per terra e la fuga in preda al panico. Così mi temono? Credono che io sia la causa di tutto. Devo scoprire perchè.

In basso, a destra, una data

25 settembre 2005


Il Maldido getta a terra il foglio, che scivola via ondeggiando per la sua pochezza di peso.
Lo guarda planare sul lurido pavimento.
Lo osserva come se fosse il cadavere di un lurido insetto.
E come insetto lo schiaccia con il tacco.


È un povero inetto! Quest’uomo vuole capire, ma che senso ha cercare il significato in questa vicenda? Quando si cerca il razionale nell’irrazionale si assiste alla sconfitta di se stessi. E questo inetto è perdente in tutto e per tutto.

La porta del faro si spalanca rumorosa e appare una figura umana.
Oscar Canzano è giunto.
Guarda il Maldido appoggiato alla finestrella al lato opposto della stanza. La luce li illumina in rapide fasi alterne.
Canzano.
Il Maldido.
Ancora Canzano.
Di nuovo il Maldido.
Oscar Canzano si china per raccogliere un altro foglio adagiato sul pavimento, e con un moto quasi di indifferenza ne legge il contenuto.


Mi hanno condannato, dunque? Ebbene, sarò quel che dicono. Lontano da loro, in un altro luogo, dove questa gente folle non possa scorgermi, vivrò secondo la loro definizione. E lo farò a modo mio. Da oggi mi prendo il fardello appiccicatomi addosso e ne farò mio unico valore possibile. Sarò ciò che io desidero di essere senza compromessi se non con me stesso. Io sarò l’Untore. Sarò la loro malattia mortale.

27 settembre 2005


Il Maldido e Oscar Canzano si fronteggiano al centro del faro. Sono ancora due, distinti. Ancora per poco.
D’improvviso la luce si spegne, facendoli piombare nell’oscurità più assoluta. Non c’è luna a farli distinguere e quell’oscurità li rende fortemente indistinti. Si perdono l’uno nell’altro, confondendosi.
Non c’è più Oscar Canzano e non c’è più il Maldido.
Diventano qualcos’altro.
Una fusione.
Diventano Oscar “Maldido” Canzano.

[Modificato da stivi handler 07/07/2007 17.28]

[Modificato da stivi handler 07/07/2007 17.29]

[Modificato da stivi handler 08/07/2007 21.56]

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