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The Four-Leaf Clover Prophecy

Ultimo Aggiornamento: 17/12/2015 13:29
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17/12/2015 13:29
 
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The Four-Leaf Clover Prophecy – Un immaginario, cinico dramma divertente tra Dublino ed Albany negli anni ‘70

Capitolo 1

Voce narrante: Era una raggiante giornata di sole a Dublino, capitale immaginaria di una nazione ai limiti del surreale. Garet Jax, come ogni mattino, si svegliò profondamente amareggiato e deluso per non essere morto nel sonno.
(Parte “The Gentleman Soldier” dei Pogues)
Strizzò le palpebre, si rassegnò al fato, tirò uno sbadiglio impastato di saliva stantia di stout e si alzò dal suo letto.
Si diresse in bagno, con lo sguardo in un’espressione indecifrabile se più annoiata o più assonnata, si lavò i denti tenendo lo sguardo fisso sul vetril, gli occhi che sembrano dire “ora lo faccio...”, quindi dal mobiletto a specchio estrasse una bottiglia di Laphroig adibita a colluttorio, pochi gargarismi, qualche carezza ad una barba troppo incolta per essere considerata accessorio volontario del suo look, indossò il chiodo ed uscì sbattendo la porta.
Lungo le scale del suo condominio, un gatto bianco dagli occhi di colore diverso gli si avvicinò per ricevere delle fusa, al quale il Luckyman rispose con un sonoro rigurgito.
-MEOOOOW!- rispose offeso il gatto, allontanandosi.
Lungo la strada, rischiò di essere investito da una due cavalli, ma si fermò in tempo.
-Maledetti riflessi incondizionati…- borbottò tra sé e sé.
Entrò al Lannister, il pub sotto casa, dove lo attendeva Kyle, il proprietario del locale.
-Al Lannister si pagano sempre i propri debiti…- esordì con voce suadente e minacciosa Kyle, un ragazzone sui 30 dai capelli ricci e rossi, un grembiule da macellaio bianco, una collana di patacche dipinte d’oro a forma di mani che si afferrano l’un l’altra ed un candelotto di dinamite tatuato al centro del petto(Interpretato da Aaron Kirk).
-La mia vita ti basterebbe? Ti prego, tira giù quel Winchester decorativo sopra la tua roscia testa di cazzo e sparami, così siamo tutti felici.
-Ehi, piano con gli inulti, per avere questa testa “roscia” ci sono volute tre generazioni di incesti. Fortuna che a mia cugina piacciono i piedi con tante dita.
-E così se ne va l’ultimo barlume di speranza che avevo.
-Senti, così mi rattristi la clientela. E per clientela intendo i gatti. Ordini qualcosa o ti alzi e te ne vai?
-Una stout. Con un po’ di cianuro, se ne avete.
-Ho solo piscio di gatto al caffè. O caffè al piscio di gatto, non sono mai riuscito a capire la differenza.
-Se il gatto non ha i trigliceridi troppo alti ed il colesterolo a posto, va bene anche quella.
- Figurati, quel bastardo non mangia altro che cialde di decaffeinato e Skittles scaduti dal magazzino che ho nel bagagliaio.
- Incoraggiante.
- Ma cinque secondi fa non volevi morire?
- Non per merito mio.
- Lo sai cosa faccio quando sono giù? Metto un piumone sul camino dei vicini. È uno spasso.
- Sto pensando di ristrutturare casa...
- Senti, la vuoi o no questa birra?
- Ma sì, tanto il peggio che può succedere è che io sopravviva.
Kyle servì la birra a Garet, che di risposta si andò a sedere nell’angolo più remoto ed oscuro del Lannister, con lo sguardo fisso ad una parete con appeso il poster di una pin-up che adesso avrà minimo 65 anni e che nella foto avrà minimo 63 anni.
Il Luckyman stette qualche minuto a riflettere a voce alta sulle analogie tra una molotov ed una cistite, quando noncurante del bisogno di solitudine di Jax espresso dal suo linguaggio del corpo, un ragazzo di 20 anni si andò a sedere di fronte a lui, al suo tavolo (Interpretato da Orlando Bloom).
-Ciao!- esordì entusiasta il giovane.
-Augh- replicò Garet atonamente e senza un vero motivo per la scelta di tale saluto.
-Faccio il cantante e sto cercando persone con storie da raccontare per scrivere testi su di loro!
-Bravo, e cosa vuoi fare da grande?
-Ehy!- disse offeso il ragazzo.
-Che c’è? Per me è già un sollievo sapere che non sei qui perché sei gay.
-Io non sono gay, sono troppo bono!
-Tu… saresti bono?
-Bono…- mugugnò il ragazzo -…sai che non male come nome? D’ora in poi giuro solennemente che il mondo mi conoscerà come Bono Vox, la suadente voce della gente!
-Io giuro solennemente che la gente d’ora in poi mi conoscerà come Adolf Hitler, il dittatore che vietò al mondo grazie alle sue stragi di poter avere un look coi baffetti alla Oliver Hardy.
-Non fare così, sono sicuro che le mie canzoni piaceranno anche a te!
-Io spero che ti sommergano le tasse.
-E' un onore poter pagare le tasse nel proprio paese, non credi?
-Quindi, nel caso tu facessi successo ed al tuo apice in Irlanda costasse di più pagare un disco, saresti fiero di pagare di più?
-No, andrei a registrare in Olanda.
-E perché lì?
-Agevolazioni fiscali.
-Non mi sembri molto coerente...
-Salute! Ad un nuovo inizio!- disse entusiasta e divertito Bono, nel tentativo di cambiare repentinamente discorso.
Garet si limitò a chiudere le palpebre ed inarcare le sopracciglia.
-Tu cosa fai nella vita?- esordì Bono.
-Mi compiango finché la morte non mi verrà a cogliere.
-Dai, fai il serio!
-Aspirante speleologo.
-E cosa vuoi fare da grande?- rispose divertito e sarcastico Bono.
-Finire sei piedi sotto terra.
-Sembri un tipo irrecuperabile, come quello della profezia!
-Quale profezia?- chiese il Luckyman annoiato, per inerzia.
-Quella del quadrifoglio! Si dice che in passato l’Irlanda fosse una terra piena di trifogli, ma a quattro foglie, e chi ne trovasse uno , trovava a sua volta la fortuna fino alla fine dei suoi giorni!
-Ed io che c’entro?
-Beh, si dice che un giorno, un uomo senza voglia di vivere, si perse in un bosco, fino a trovare una sorta di El Dorado dei quadrifogli, ettari ed ettari. Subito sorrise, riacquistò gioia di vivere e per la contentezza ne mangiò addirittura una manciata. Morì di dissenteria pochi minuti dopo, ma cagando banconote da 500 euro!
-Cosa cazzo sono gli euro?
-Secondo la leggenda, sono i soldi del futuro, una moneta unica che accomunerà tutti i popoli d’Europa!
-Quindi ora mi ci pulirei il culo.
-Ma no, si tratterebbe di un investimento.
-Quindi se io mi scopo tua madre, non mi sto scopando tua madre, ma faccio investimento su una possibile donna che in futuro accomunerà tutti i popoli d’Europa?
-Fanculo amico!
-Vedi? La tua profezia è una stronzata.
-Sì, ma io ti ho raccontato una storia, tu potresti fare lo stesso ora!
-Io al massimo posso parlarti di cavalli e cagne.
-E cosa avresti da dirmi?
-La vedi Sue, la tettona in fondo alla sala? (Interpretata da Shanda Fay).
-Sì- rispose Bono.
-È una cavallona!- gli strizzò l’occhio Garet, alzandosi e lasciando il tavolo.
-Se questa è una storia di cavalli, non oso immaginare quale sia quella sulle cagne…- cercò di intrattenerlo il giovane.
-Oh beh, sulle cagne, oggi al cinodromo alla 7° corsa corre Kim Kardashian, non è la favorita ma è data 15 a 1, io me la gioco.
E detto questo, Garet si alzò ed uscì dal Lannister, salutando il cameriere nano che girava per il locale.

Capitolo 2

Voce narrante: Garet Jax uscì dal pub, prese il Cloudy Boulevard e, come se la sua scelta fosse stata propiziata dal destino, il cielo si oscurò tanto che sembrò notte ed iniziò a piovere a catinelle.
(Parte “Rainy Night in Soho” dei Pogues)
Jax cercò di coprirsi tirandosi il chiodo sopra la testa, ma sapeva che la soluzione migliore era quella di chiudersi dentro un pub, ed il più vicino era lo Stark.
-Garet, cosa ci racconti di nuovo?- esordì Tony, il barista del locale, leggermente sovrappeso e con pizzetto e baffi neri congiunti, uniti ad un taglio di capelli a spazzola molto sbarazzino (Interpretato da Robert Downey JR).
-Piove, governo ladro- fu la lapidaria e svogliata risposta di Jax.
-L’inverno sta arrivando…- replicò accondiscendente Tony.
-Te che dici, Ciccio?
-Non chiamarmi Ciccio, Musone!
-Non chiamarmi Musone, Ciccio!
-Che ti servo, Musone?
-Una risposta.
-A quale domanda?
-Se uno fa il cameriere in questo fottuto paese, è di fatto un camerEire?
-Meriteresti che morte ti colga quando dici queste stronzate.
-E allora prendi quel tuo fottuto braccio lanciamissili decorativo, progetto segreto di una multinazionale dell’industria bellica che lavora per il governo, e affrettiamo i tempi, ti prego!
-È decorativo, non spara per davvero.
-Sono un tipo naif, quando è uscito “Il Cacciatore” pensavo fosse uno snuff movie.
-Io quando è uscito il Cacciatore dal mio locale, ho incassato 10 sterline.
-Quindi circa 15 euro.
-Che cazzo stai dicendo?
-Ma che ne so, un tipo al Lannister mi ha fatto una testa così con una storia strana di quadrifogli e gente che caga soldi futuristici.
-Si fanno brutti incontri al Lannister, lo dico sempre.
-Però hanno un nano!
-Noi abbiamo Hulk!- disse indicando un action figures posta vicino al braccio decorativo di Iron Man, posizionato strategicamente vicino ad una dozzina di ragnatele, sicuramente non un gadget dell’Uomo Ragno.
-Ha smesso di piovere.
-Ma dimmi una cosa, la testa ti è scoppiata al Lannister?
-Ti sembro uno con la testa esplosa?
-E allora mi dici che cazzo ci vai a fare al Lannister se poi ne esci vivo?
-Perché la speranza è la penultima a morire, purtroppo l’ultimo a tirare le cuoia sono sempre io.
-Che la morte ti colga quando meno te l’aspetti.- lo salutò arreso Tony.
-Magari.- rispose speranzoso il Luckyman, uscendo dal pub.

Capitolo 3

Voce narrante: Garet proprio non riusciva a distogliere il proprio pensiero dalla profezia raccontatagli dallo strampalato cantante. “Magari se mi mangio un quadrifoglio e muoio cagando soldi, sarei grottesco ma sarebbe una morte originale” rimuginava tra sé e sé.
Quindi un pensiero lo folgorò: “Ma se mangio un solo quadrifoglio, magari cago qualche sterlina e mi arricchisco e posso posporre i miei pensieri sull’aldilà in quanto l’aldiquà sarebbe un po’ più piacevole di quanto non sia adesso”.
L’idea era talmente stupida da averlo convinto.
(Parte “Dirty Old Town” dei Pogues).
Lungo la strada, incrociò un giovane allampanato dalla faccia liscia e dai lunghi capelli sporchi e corvini, era accompagnato da due procaci e discinte signorine. Le schiaffeggiò sul culo con una doppia manata congiunta, intimandole di aspettarle vestite solo di miele e giarrettiere nella sua camera d’hotel.
-Hai visto amico come si fa?- ridacchiò il giovane rivolto ad uno scazzato Luckyman di passaggio.
-Bravo, hai vinto un sottobicchiere della Kilkenny!
-Davvero?
-Davvero!- ed il Lucky One porse l’ambito premio al giovane.
-Oh! Sei un tipo sbarazzino, andiamo a farci una birra!
-Non sono di quella parrocchia.
-Sei cattolico?
-No, non in quel senso.
-Amico, io devo conservarmi per quelle due, e poi mi metterei in moto solo per una bella tettona, mica per un uomo! Io voglio bere, sono in Irlanda, cazzo!
-Si può fare- Garet estrasse dal taschino interno del chiodo una boccetta da viaggio di Glen Grant.
-Mi piace come ragioni, amico, come ti chiami? Come svolti la giornata da queste parti?
-Mi chiamo Garet Jax e spero che la Nera Signora mi si fotta.
-Io mi chiamo George Best, quando non vado a puttane, da concessionari di berline di lusso o a bere, sperpero i miei soldi, e vengo dal Nord!- disse il ragazzo (Interpretato da Jared Leto).
-Che cazzo ci sei venuto a fare dal Nord se qui non c’è lavoro?
-Perché dovevo rimanere al Nord se lì per vivere bisogna lavorare?
-E cosa fai per svoltare la giornata?
-Gioco a pallone in Inghilterra, lì sono tutti talmente sobri che li dribblo come birilli.
-Alla salute.- disse convinto e con un malinconico sorriso il Lucky One, passando la boccetta a Best.
-Alla tua!- disse il calciatore, trincando in un sol sorso più di ¾ di whiskey.
-Ehy, me l’hai finito, ora mi devi un favore!
-Quello che vuoi, amico!
-Al Nord, che tu sappia, ci sono quadrifogli?
-Al Nord c’è solo pioggia e lavoro.
-Come sospettavo. Buona giornata, amico!
-Anche a te!
Ed i due si divisero, andando ognuno per la propria strada, Best su per le scale del suo hotel, Jax di sicuro non a Nord.

Capitolo 4

(Parte “London Girl” dei Pogues)

Voce narrante: Lungo la strada una ragazza dal faccino adolescente e pulito inseriva il timer su una Nikon posizionata sopra un treppiedi, così da potersi fare un autoscatto. I capelli castano chiaro erano raccolti in uno chignon, vestito bianco, guanti e stivali neri, sigaretta con bocchino e labbra coperte d’un rosa riflettente i raggi del flash.
-Scusa, me la fai una foto?- disse la giovane al Lucky One di passaggio.
-Solo se quell’aggeggio provoca il cancro.
-Oddio- esclamò stupita la giovane –davvero non saprei, ma non credo!
-Maledizione- grugnì piccato Jax –ok, ma solo una. Come hai detto che ti chiami?
-Non l’ho detto.
-Vabè,come ti chiami? Hai un accento strano, sembri londinese, o comunque la figlia di un MacHampshire, o qualche cognome del genere.
-Catherine Hepburn, e faccio l’attrice- rispose la giovane in un seducente primo piano (Interpretata da Scarlett Johansson).
-Io sono Garet Jax, ho provato a farmi dozzine di autoscatti sperando che fosse vera la diceria sulle foto che rubano l’anima, ma non sono mai morto, purtroppo.
-COOO…
FLASH!
Le labbra a cerchio di stupore furono immortalate per sempre sulla pellicola.
-Buona la prima, è venuta naturale.
-Ma sembrerò una matta!
-Sei un’attrice londinese, lo sei.
-Non sono londinese!
-Però matta lo sei.
-Tu hai proprio bisogno di farti una birra, vai da Ash.
-Buona idea, magari mi avvelena.
La ragazza nascose la sua risata dietro un imbarazzato facepalm, quindi il Luckyman continuò per la sua strada.

Capitolo 5

(Parte “Sally MacLennane” dei Pogues).

Voce narrante: Garet era davvero ottenebrato dal pensiero di cagare soldi, quando arrivò finalmente in CAPSLOCK AVENUE.
Era una traversa di Num LOCK Boulevard, si raggiungeva girando subito dopo il n°.
Scese le scalette del civico n°, scusate, n° 27, accese una lucetta e sotto un colore rossastro spento gli si palesò Ash (Interpretato da Ewan MacGregor), seduto ad un tavolo in fondo alla sala in compagnia di sette giovani ubriaconi (Interpretati dagli One Direction e dai Jonas Brothers).
Garet Jax prese una birra a casaccio da una mensola, la stappò con un chiodo sporgente e si mise a sedere al tavolo.
-Garet, questi sono i Pogues, Pogues, questo è Garet, Garet vuole morire e per questo ha scelto la Sally MacLennane come birra, sperando di essere avvelenato da una stout con un grado di fermentazione totalmente assente.
-Fico!- Esclamò il vocalist de Pogues –Questo tizio sembra uno che viaggia su treni in giorni di pioggia mentre il paese gli canta canzoni tristi di commiato alla stazione, parla di cagne e cavalli nei pub, e sceglie birre che non usciranno mai in commercio dal nome di donna!
-Ma io voglio semplicemente morire!- piagnucolò Garet.
-No, sei un tipo troppo triste- replicò il vocalist –ragazzi, dedichiamo una canzone alla birra!
-Sììììì!- esclamarono gli altri all’unisono –andiamo a scriverla!- e si avviarono tutti fuori dallo scantinato.
Ash guardò Garet, sorridente.
-Cosa ti porta qui?- esordì Ash senza perdere tempo.
-Tu che hai viaggiato tanto- chiosò Jax –sai se a est, ovest o sud di qui ci siano dei quadrifogli?
-Io so solo che ci sono colline, concime ed il mare.
-Quindi non ci sono quadrifogli.
-Che io sappia, sull’ultimo quadrifoglio ci ha cagato un americano, poi l’ha messo in una scatoletta di tonno e l’ha esposta in un museo.
-Non si inizia una frase con il “che”.
-Tua madre succhia.
-A tua sorella ho rotto l’imene passando dal culo.
-Ehy, non parlare di mia sorella!
-Ehy, non parlare di mia madre!
CRASH! CRASH!
I due si ruppero reciprocamente una bottiglia di birra in testa l’un l’altro, quindi scoppiarono a ridere.
-Ma lo sai che mi somigli?- disse ironicamente il Luckyman.
-Ho iniziato il mese scorso a fare wrestling, appena mi romperanno il naso e gli zigomi saremo due gocce d’acqua!
-Per ora sei un pezzo di merda, non mi hai ucciso, mi hai solo rotto una bottiglia in testa!
-A buon rendere Garet!
-Questa me la paghi!
Ed il Lucky One uscì dalla cantina.

Capitolo 6

Voce narrante: così come scese le scalette, Garet le risalì, non ci voleva molta fantasia a capirlo, e forse nemmeno una voce narrante, ma ormai fa parte dello stile letterario/protocinematografico adottato e quindi continuerà a fare da descrizione ad ogni inizio capitolo.
Serve adesso, la voce narrante, a far capire agli spettatori che Garet viene fermato per strada da Tony.
-Ehy, picchiatello suicida, anche se va contro i miei interessi ho un’informazione per te.
-Spara.
-Ti piacerebbe, posso solo parlare.
-…
-Comunque, hai presente il Dothraki, quel pub strano che sembra più una fumeria messicana? Ecco, lì c’è uno, il barista, che potrebbe aiutarti.
-Riguardo cosa?
-Quella storia lì, dei trifogli e del cagare banconote.
-Ah sì. Spero di non prendermi la sifilide da quei luridi bicchieracci in coccio.
-E tu non bere.
-Ma sto coltivando un meraviglioso esemplare di cirrosi epatica, non vorrei lasciare il lavoro in sospeso.
-Tu sei irlandese, non morirai di certo per via della cirrosi.
-Cazzo è vero. Vabbè, vado al Dothraki, spero che perlomeno non mi servano urina di coyote.
-Bella.
E Garet si avviò al Dothraki.
L’insegna in legno reggeva a malapena le lettere illuminate al neon del posto, la “o” traballava e poteva cadere in qualsiasi momento, mentre la “h” e la “k” friccicavano di inutili scintille, dato che era giorno e non c’era bisogno di illuminazione.
Al suo interno, quattro lampade ad olio, una per angolo, ad illuminare le lerce pareti in legno di rovere tarlato ed unto, un piccolo palco attrezzato per una jam session sul lato lontano ed il bancone sul lato destro.
Era presente un narghilè ad ogni tavolino, mentre un uomo di grande stazza di origine latinoamericana (interpretato da Claudio Cazador) era intento a lucidare bicchieri, a torso nudo con indosso pantaloni in pelle di bisonte ed un camice da macellaio bianco, lindo e pulito.
-Immagino tu sia il barista.- esordì Jax.
-Immagino tu sia un cliente.- replicò il Cacciatore… ehm, il barista.
-Più o meno.
-Allora puoi andare più o meno a fanculo fuori di qui, magari a quel pub di checche isteriche del Targaryan.
-A dire il vero cerco informazioni.
-Parlo solo con chi consuma alcolici. O se preferisci, puoi metterti al tavolino e…- lasciò in sospeso la frase, indicando un narghilè con lo sguardo.
-Preferisco del piscio, grazie. Con chi ho l’onore di parlare?
-Come?- rispose spillando della cervogia tiepida.
-Come ti chiami?
-Alvarez Tarantula.
-Alvarez Tarantula?
-Chiamami Al.
-Senti, Al…
-Chiamami Alvarez.
-Senti, Alvarez…
-Chiamami Tarantula.
-Senti, Tarantula- disse spazientito Garet, proseguendo rapidamente per non venir nuovamente interrotto –so che tu sai qualcosa che potrebbe interessarmi.
Il barista si prese il suo tempo per rispondere, quindi servì la birra a Garet ed appoggiò i suoi gomiti sul bancone, ma non proferì parola.
Da uno stanzino del retrobottega, infatti, uscirono quasi una decina di musicisti (interpretati dai Postmodern Jukebox), capeggiati da una giovane ragazza magra, vestita da messicana di inizio millenovecento, dai lunghi capelli corvini e dai lineamenti greci e marmorei, in una cornice di trucco in puro stile pin-up. Si disposero sul palco, quindi iniziarono ad eseguire una canzone chiamata “Wake me up” in puro stile mariachi.
Dal momento che è l’unico vero frammento di video di questo film che potrete vedere per davvero, vi consiglio di spendere tre minuti e mezzo del vostro tempo nell’ascoltare e guardare su youtube il video dei “Postmodern Jukebox” della canzone intitolata “Wake me up – Cover mariachi Style”, o qualcosa del genere, ma se scrivete “wake me up mariachi”ve la trova lo stesso.
Sennò ahò, avete rotto er cazzo, ve la metto io qui.



Voce narrante: Garet rimase folgorato dalla splendida voce angelica della ragazza (interpretata da Robyn Adele Anderson).
-Cosa volevi sapere, hombre?- tagliò corto Alvarez, cercando di riportare Jax sul pianeta terra, con risultati piuttosto mediocri.
-Chi è quella ragazza?- chiese inebetito Garet, con la testa ancora ad annaspare ossigeno tra le nuvole.
-Si chiama Charlotte, ed è la mamma di Stacy.
-Mamma?
-Sì, una relazione finita male, ma ha deciso di tenere la bambina. Ora ha tre anni, vive ad Albany con i nonni?
-Albany?
-Eh.
-E dove cazzo si trova questa città? Vicino Cork?
-Si trova negli States amico.
-Cosa?!?
-Sì, ma vicino la costa est, non è troppo lontano tutto sommato.
-Hai una strana concezione delle distanze. Come mai è qui?
-Gira il mondo cantando, per sfamare la figlia. Guadagna bene.
-E tu puoi permetterti il suo cachet?
-È una vecchia amica, era di passaggio e si è fermata per farmi questo regalo.
-Vado a parlarle.- disse Jax, battendo nervosamente il palmo della mano sul bancone per un paio di nevrotiche volte, ma prima che potesse allontanarsi dal suo sgabello, Alvarez con una velocità sorprendente gli piazzò un coltello tra la fenditura tra medio ed indice della mano destra.
-Tu finisci la birra e non la importuni.
Jax sorpreso e spaventato, non poté fare altro che farfugliare qualche monosillabo di falsa approvazione, prendendo la birra, assaggiandola, buttandola giù a fatica, esibendosi in una smorfia di disgusto e quindi sputando qualche aspro rivolo di saliva alla sua destra, prima di alzarsi.
-Ok che voglio morire, ma così è troppo!- e se ne andò.
-Perché vuoi morire, hombre?
-Perché tu mi avveleneresti pur di non farmi parlare con lei!
E dopo tale uscita, con la telecamera che inquadra da un grandangolo basso e sghembo posto nell’angolo inferiore destro sotto la scaletta del locale, vediamo Garet dirigersi verso una metaforica luce esterna, mentre ciò che è esterno al contorno della porta è tutto nero.

FINE PRIMO TEMPO

PUBBLICITA’

-Siete stufi delle scarse prestazioni sessuali date dalle effimere, anzi, effeminate dimensioni dell’attrezzo del vostro boyfriend? Comprate un albero (Pubblicità progresso a cura del Ministero per le politiche dell’ambiente).

-Si vede una coppia borghese sui 40 anni a cena fuori in un ristorante. Il cameriere stappa una bottiglia di Don Perignon, un leggero rivolo di schiuma fuoriesce. La donna sorride maliziosamente all’uomo. Lui, di risposta, nasconde il suo sorriso dietro la copia del menù rilegata in una copertina di pelle color vinaccia.
Entrambi si voltano verso il cameriere, intento a versare lo champagne, che di suo risponde con un sorriso imbarazzato.
“Nuova Fiat Multipla, omologata per cinque persone. Così dietro ci state anche in tre”.

-Una cascata di pagnottelle morbide si tuffa in un lago d’olio per fritture, il tutto condito da “Poison” di Alce Cooper. “Se devi scegliere il tuo veleno, perlomeno che abbia un buon sapore!”(Sponsorizzato da “Colesterolo’s – Italian Bakery – Petrol Street 65 – Albany – New York”).

+*§

MESSAGGIO SUBLIMINALE

ANCORA NON STATE FUMANDO?

§*+

-Appare Crashindeton.”AAAAAHHHHH! WBFF! SULLA TV VIA CAVO! NON E’ ROBA DA NICKELODEON! SE VI PIACE, SENNO’ PIACNZZZZZZZZ!”. Logo WBFF, ogni sanguinoso e disperato venerdì alle 21, seguono informazioni su come sintonizzare il canale.

SECONDO TEMPO

Capitolo 7

Voce narrante: Garet Jax è su un aereo, direzione Albany, New York. Ormai ha perso interesse nel cagare soldi, cosa non si fa per un pelo di fica.
È seduto al suo sedile in posizione fetale, il volto è verde di nausea e i capelli sono sudaticci per il malessere.
Passa una hostess culona, tremolante prova a fermarla, ma non riesce. Passa uno steward.
-Hostess…- chiede prossimo allo sbratto l’irlandese.
-Sono uno steward.
-Fa l’hostesso…
-Cosa vuole?
-Sacchetti di carta.
-Ecco a lei.
Jax cominciò ad iperventilare, ma bastarono appena una dozzina di secondi prima che i rigurgiti gastrici cominciassero a fuoriuscire dall’esofago.
-Mamma, perché il signore sta male?- chiese un bambino posto dall’altro lato dell’aereo.
-Perché il signore ha paura di volare in aeroplano, probabilmente.- rispose amorevolmente la genitrice.
-Ahahah, il signore è stupido!- chiosò divertito l’infante.
-Non si dice così agli sconosciuti, il signore è solamente un pappamolla!
-Ahahah, se l’aereo cade muore solo lui come passeggero!
-Magari….- si limitò a bisbigliare Jax.
-Ahahah, adesso stai esagerando, basta!- disse sottovoce la madre, senza cercar di nascondere minimamente il suo essere divertita.
L’aeroplano decollò, il rumore dei motori grazie alla magia degli effetti sonori e del mixaggio era subissato solamente dai conati di Garet, l’unico uomo a soffrire il mal d’aereo già prima che questo parta, quindi grazie alla magia del montaggio vediamo che ora il nostro si lascia cadere esausto e sfiancato di schiena sul letto di una camera d’hotel a due stelle.
Sotto un lampadario nero, riflette.
-Il nero eclissa tutto. Come la Stout.
E si addormentò.

Capitolo 8

Voce narrante: Non sappiamo per quante ore Garet dormì, sappiamo solo che si svegliò all’imbrunire. Lo vediamo scendere le scale esterne dell’alberghetto a due piani, per dirigersi nella hall del piano terra.
Dietro di questa, un usciere in canottiera bianca (interpretato da John Turturro) intento a leggere “Hustler” mentre con la mano libera è impegnato con una racchetta elettrica per moscerini.
-Buongiorno, in cosa posso esserle utile?- chiese svogliato il portiere.
-Buongiorno, conosce una certa Charlotte?
-Charlotte chi?
-La mamma di Stacy.
-Stacy chi?
-La bambina, ha circa tre anni.
-Ah… ed è figlia di Charlotte, giusto?
-Esatto.
-Mai sentita.- rispose palesemente mendace.
Garet allungò 10 dollari, il portiere li intascò senza muovere ciglio. Garet capì che non erano sufficienti, mise sul tavolo altri due pezzi da 10.
Il portiere li intascò senza colpo ferire, quindi alzò lo sguardo mantenendo la bocca aperta come se avesse un sasso in una guancia, quindi con un cenno del capo lo invitò a sganciare ulteriore moneta, raggiungendo così la cifra di 50 dollari di mancia.
-Sì, mi ricordo di lei, la conosco.- rinvenne il portiere.
-E mi sa dire dov’è?- sollecitò Garet.
-In fondo alla strada.
-Mi sa dire qualcosa su di lei?
-Ama la musica.
-Grazie al cazzo, questo lo so anche io che vengo dall’Irlanda.
-Se nascondi il whiskey nel tubetto del dentifricio, me ne accorgo.
-Non c’è whiskey nel tuo cazzo di albergo.
-Se l’hai già finito, fanno 5 dollari a boccetta.
-Lasciamo perdere. Ha qualcos’altro da dirmi su di lei?
-No, non “ricordo” altro…- lasciando intendere che per un ulteriore sollecito economico le amnesie potrebbero svanire.
Di risposta, Garet Jax schiocca leggermente la lingua in segno di disapprovazione e fa per uscire dalla hall.
La telecamera si sofferma sul portiere, raggiunto dietro il bancone da un suo collega (interpretato da Tim Roth), quindi il portinaio appena arrivato bofonchia -Spilorcio…- nemmeno troppo sottovoce, riuscendo a ritardare la lettura di “Hustler” al collega approvante quanto appena sentito.

Capitolo 9

Vediamo un jukebox, delle dita femminili smaltate di nero selezionano “Stacy’s Mom” dei Postmodern Jukebox, quindi osserviamo il vinile girare per la durata intera della canzone mentre la voce narrante ci propina uno spiegone messo lì per rallentare i ritmi e preparare lo spettatore al pappone psicologico che lo aspetta.
Voce narrante: Ha detto tutto il narratore onnisciente, è difficile fare il proprio lavoro quando qualcuno si intromette nel tuo settore. Vuole il microfono? Glie lo do?
Narratore onnisciente: No, è solamente che reputavo palloso che tu descrivessi la scena.
Voce narrante: Allora, visto che sei tanto bravo, continua tu a raccontare per questo capitolo, poi voglio vedere come giustificherai ai lettori che in un film ci sia una voce che ti legga e ti descriva tutto come fosse un romanzo! E poi, stona totalmente con lo stile adottato finora, che cazzo c’entra?
Narratore onnisciente: Oh, hai rotto il cazzo, la gente vuole vedere il film, o perlomeno immaginarlo! Non vuoi fare il tuo lavoro? Allora lo faccio io ben volentieri! Allora, Garet è uscito dall’albergo, quindi sulle note della canzone prima cammina piano, poi si gasa e corre forte, dietro di lui tante villette a schiera carine e borghesi col giardino curato, i figli dei vicini a lavorare come schiavi nel rastrellare le foglie dall’ingresso, cani che afferrano frisbee, imprenditori col riporto, una fregna che fa jogging, perché una fregna che fa jogging fa sempre piacere anche se messa così, gratuitamente, quindi Garet dà 10 dollari ad un bambino con lo skate e se lo fa lasciare, sale sullo skate e s’addobba.
Voce narrante: Che descrizione accurata, Yukio Mishima te fa na ricca pippa.
Narratore onnisciente: Vabè ma in sta scena non parlano, ma è fica, valeva la pena descriverla!
Voce narrante: Sì, ma stai allungando il brodo per coprire la durata della canzone!
Narratore onnisciente: Tanto tu avresti detto tutte cazzate, lo sai.
Voce narrante: Bene, ora la canzone è finita, Garet è sempre per terra, ruzzolato sull’asfalto, si tiene il ginocchio quando il suo sguardo si posa a pochi metri da lui, sul prato.
Un quadrifoglio.
Gattonando verso di esso, trascinando dietro di sé la gamba dolorante, si afferra per strapparlo da terra, sta per mangiarlo, ma prima vuole osservarlo.
Il sole dipinge sulle foglioline dei decisi riflessi esaltanti quel colore verde chiaro quasi innaturale, vivacizzato da sporadici e microscopici residui di rugiada.
Il Luckyman si rialza, tenendo ben saldo il quadrifoglio per il gambo tra l’indice ed il pollice della mano destra, quindi con la mano libera estrae il suo portafogli, da questo una bustina di plastica e vi ripone al suo interno il raro talismano.
Un vaso in ceramica rossa cade dall’alto, in diagonale, verso di lui, schivandolo per un pelo.
Jax alza lo sguardo verso la villetta di fronte, al primo piano un bambino di 8 anni è affacciato, lo guarda e ride.
Si affaccia anche la madre, a ritirare dentro il pargolo, prima di riaffacciarsi ed urlare.
-Lo scusi, è un bambino vivace, giuro che lo allenerò a migliorare la mira.
Poker face del Lucky One.
Lungo la strada Garet, zoppicante, rallentò il passo, quindi notò che per 100 metri la strada cambiava conformazione, non più villette, ma un breve tratto di palazzi a 4 piani con attività commerciali lungo la strada.
Decise di entrare in un casinò, al suo interno luci soffuse e “Stand by me”, pochi tavoli, ognuno con un gioco tipico. Cambiò 10 dollari in fiches, prima di avviarsi alla roulette.
Jax puntò 10 dollari sullo 0, ne vinse 100.
Quei 100 dollari decise di puntarli al Black Jack. 21 alla prima mano, raddoppiarono.
Riuscì a farli fruttare fino a 500 dollari in pochi minuti, prima di abbandonare il tavolo.
Uscì dal casinò, un italoamericano proponeva il gioco delle 3 carte.
-Questa!- urlò Jax puntando tutta la recente vincita e girando la carta, trovandovi quella giusta. Si trovò semi-accerchiato da una mezza dozzina di uomini “di menare” alla Bud Spencer, ma riuscì a darsela ugualmente a gambe levate.
Fu una fuga breve, dai 4 angoli della strada spuntarono rispettivamente 4 volanti, di lì per caso, pronte per arrestare i malintenzionati.
-Questo coso funziona…- esclamò il Luckyman, tirando fuori il portafogli e da lì il quadrifoglio.
(Parte “Plus Profond” degli Hooverphonic)
In un pianosequenza, la telecamera si posiziona alle spalle di Jax, posizionandosi dietro le scarpe, all’altezza del suolo, e seguendolo lungo la strada.
-Freeze!
-Mani in alto!
-Arrendetevi!
BANG!
BANG!
-Gesù, uomo a terra!
YEOOOOOOOOOOOOOOOOOW (Suono approssimativo di una sirena, ripetuto più volte)
Ed altri rumori si potevano udire di sottofondo, stridio di gomme, clacson insistiti, un vecchio ubriacone, il friccichio del neon, sostituiti da risate di bambini, squittii di scoiattoli, “Mela, pera, banana, fragola, lampone, etc” di bambine intente a saltare la corda, cani abbaianti, pechinesi isterici, coreani incomprensibili, irrigatori in funzione, rombo di un autobus, altri cani che inseguono scoiattoli, un clacson, voci di attori noir provenire da un televisore, il rombo di un furgoncino Volkswagen, altri bambini, man mano che l’architettura ritornava la solita della zona.
Garet voltò verso il sentiero asfaltato di una villa, l’ultima prima della fine della strada.
La telecamera continua a seguirlo, alzandosi di pochi centimetri, continuativamente, allontanandosi leggermente, fino ad inquadrare il Luckyman di spalle.
La canzone viene troncata di botto.
Bussa alla porta.

Capitolo 10

Da dietro la porta, vediamo la nuca ed il mezzobusto di Charlotte (Sempre Robyn Adele Anderson) coprire interamente Garet Jax. La telecamera rimane fissa nel dialogo.
-Sì?
-Ho fatto approssimativamente 7000km per chiederti di sposarmi.
Attimi di silenzio.
-So che sei una ragazza madre, ma non mi interessa. Io ho un quadrifoglio, e sembra che questo coso porti bene.- disse il Luckyman, proseguendo col rumore di un bacio, possiamo solo immaginare che fosse rivolto all’amuleto che ipoteticamente tiene in mano.
Charlotte, fino a quel momento col braccio a tenere la porta, lo lascia cadere.
-Garet, non ha senso.
-Lo sai che invece il senso ce l’ha, se lo vuoi trovare- la telecamera si sposta, passando sopra la spalla sinistra di Charlotte in diagonale, mettendo a fuoco Garet in lontananza.
-Davvero sei così sicuro che i sentimenti possano vivere di soli ricordi?- disse ella, con una velata vena di malinconia.
Jax fa cenno di no con la testa, aria decisa e rassegnata, la faccia consapevole di chi sa che la sua è una missione disperata.

Capitolo 11

Sei anni fa, a Cork.
(Parte nuovamente “Sally MacLennane” dei Pogues, ma dal primo bridge).
Vediamo Garet Jax con una valigia lungo la banchina di una stazione dei treni.
Dietro di lui, tutto il villaggio, al suo fianco, qualche passo indietro, una ringiovanita Charlotte.
Un abbraccio imbarazzato sugli scalini del treno, Charlotte visibilmente delusa, con la faccia di chi si aspettava tutt’altro tipo di saluto, fazzoletti bianchi, vecchiette che lo baciano sulle guance, vecchietti che gli passano birre, i giovanotti del paese che alzano le sottane alle signorine cantando a tempo con la colonna sonora, imbracciando 33cl, il treno che parte, le lacrime commosse di Charlotte.
La traccia si interrompe bruscamente al primo ritornello, effetto tunnel, si torna al presente, con l’inquadratura che si allarga vertiginosamente e rapidamente partendo dalla pupilla del Luckyman.

Capitolo 12

La telecamera inquadra i due di profilo; di Jax, sul lato sinistro della telecamera, vediamo il destro, e viceversa per Charlotte, in un’inquadratura dalla simmetria maniacale.
-Ho una sola cosa da dirti.-esordì Garet con calma olimpica.
-Spero basti a convincermi ad ascoltarti oltre, nel caso non dovesse bastare a convincermi delle tue ragioni.- rispose Charlotte, la voce tremula ma dalla cadenza regolare, bisbigliata.
-Insieme a te, ho passato i giorni più felici della mia vita. Pochi giorni, forse riusciamo a contarli all’interno di una pagina di calendario, se li rendiamo consecutivi, ma a volte è proprio il poco, o addirittura l’assenza, a dare importanza alle cose. L’attesa, il sapere che…
-Taglia corto.- tagliò corto ella, stufata e frustrata dall’essere sul limite del non trattenere più le sue vere emozioni.
Jax deglutì, si schiarì la voce con una leggera grattata di gola,le palpebre si chiusero ad intervalli irregolari per qualche secondo, come fossero una spia del sistema nervoso, a segnalare il riordino delle idee in corso.
-Ho avuto molte ore, tra il viaggio in aereo e il pernottamento in città, per pensare a cosa dirti. Ma evidentemente non sono state sufficienti. So di chiederti tanto, ma ti giuro che sarà l’ultimo rimando che ti chiederò nella mia vita, poi se lo vorrai, sparirò per sempre. Ma ti spiegherò tutto stasera, alle 10pm, al Clockwork, il pub sulla 12°.
-Lo giuri?- chiese lei malcelando impazienza.
-Lo giuro.
Si vede arrivare una bambina bionda, in un vestitino bianco a fiori turchesi, dalla destra del teleschermo, si aggrappa alla gamba di Charlotte.
-Mamma, chi è questo signore?- chiese divertita e curiosa la piccola.
-Un uomo fortunato- anticipò la risposta il Luckyman, prima di andarsene, la telecamera cambia inquadratura soffermandosi dapprima sul volto di Jax, quindi stacca su una Charlotte dall’espressione timorosa, intenta nell’accarezzare il capo della figlia.


Capitolo 13

(Parte “The good times are killing me” dei Modest Mouse)

Garet viene ripreso frontalmente dal basso, mentre cammina lungo la strada, in una sorta di inquadratura a fisheye, dando l’effetto che il sentiero sia in salita.
Stacco, osserviamo Garet e Charlotte a ridere su di un prato, lui ha una margherita in bocca.
Mezzobusto frontale su Jax che cammina.
Garet e Charlotte disegnano con un pennarello a punta larga un volto sorridente su di un cactus dalla forma antropomorfa.
Mezzobusto su Jax, un po’ più stretto del precedente.
Garet e Charlotte ad una festa, lei è la ragazza più ambita, ma ha occhi solo per lui ed il suo savoir-faire cinico nei confronti degli ospiti.
Mezzobusto su Jax, ancora più stretto.
Garet e Charlotte all’interno di una macchina per le fototessere, intenti nel concepire l’espressione più buffa ma allegra possibile.
Primo piano sul volto di Jax.
Garet e Charlotte fumano una sigaretta, allegri ed abbracciati, impacciati ed imbarazzati, alla stazione dei treni di Cork, nessuno intorno al loro in uno splendido scorcio di inizio notte.
Primo piano col volto di Jax che ricopre l’intero schermo.
Garet e Charlotte fumano una sigaretta su di una panchina di un parco, imbacuccati a dovere di indumenti invernali, numerose foglie rossastre mischiate a dei ciottoli bianchi ai loro piedi.
Primissimo piano sugli occhi di Jax.
Garet e Charlotte, vestiti estivi, lui in camicia a maniche corte colorata, pantaloni neri a ¾ e Adidas nere classiche, lei in canotta, bermuda, infradito e smalto verde smeraldo.
Seduti su una panchina.
Ridono, scherzano, ma si percepisce una distanza tra loro assente nei precedenti flashback.
Sorrisi malinconici.
Lui si alza, si salutano quasi come se non volessero, si china verso di lei per darle un doppio bacio sulla guancia, ma lei si alza, e i due si abbracciano calorosamente.
Li vediamo, in due primi piani separati, sorridere sinceramente.
Si staccano come se fossero consapevoli che sarà il loro ultimo abbraccio.
-Mai più dopo così tanto tempo.- dice lui, col sorriso sghembo di chi sa che è solo un augurio disperato.
-Mai più dopo così tanto tempo.- risponde lei, col medesimo tono della voce.
Lui si gira e si avvia, lei lo guarda. Dalle sue labbra, leggiamo “Addio”, pur non udendolo. Anche lei si avvia verso il portone della propria abitazione.
Lui si ferma, si volta, stavolta è lui ad osservarla andarsene, leggiamo “Addio” anche sulle sue labbra.
Muove un passo verso di lei, quindi si blocca subito dalla paura.
Torna indietro nervosamente, verso la fermata dell’autobus, lo vede passare, con un cenno lo ferma.
Poi ci ripensa, corre indietro, una ventina di rapidi passi, quindi rallenta, uno, due, tre, quattro passi, si ferma.
Lei è già entrata nel portone.
La telecamera inquadra Jax di schiena, da sopra la spalla sinistra, mantenendo il Luckyman sulla destra del teleschermo, sopra di lui la scritta illuminata al neon “Clockwork” con due orologi a pendolo col quadrante perfettamente corrispondente alla posizione delle “o”, entra nel pub, vede Charlotte seduta al tavolo al centro della sala, si avvia verso di lei, si siede.
-Scusa per il ritardo.

Capitolo 14

La telecamera è fissa sul lato del tavolino occupato dai due, e rimarrà tale per tutta la durata della scena.
-Quale ritardo? Quello di stasera?- domanda sarcastica e piccata Charlotte.
-Quello di una vita.- risponde malinconicamente Garet. Charlotte è imbarazzata, incrocia i palmi delle braccia ritte verso il basso, sembra chiudersi in avanti facendosi piccola piccola, il capo chino con lo sguardo verso terra.
Arriva un cameriere magrolino con camicia bianca e papillon.
-Bonasera, so er cameriere de Jackson, Mississippi, forse vi ricorderete di me per…
-Sta… zitto.-lo interrompe decisa la donna, con tanta stizza da zittirlo ed imbarazzarlo.
-Una rossa doppio malto ed un’amara di Newcastle.- continua la ragazza, mentre il cameriere appunta l’ordinazione prima di allontanarsi.
-Vedo che ricordi.- incalza Garet.
-Io ricordo tutto, sei te quello che ha sempre avuto poca memoria.
Charlotte estrae da una pochette in pelle camosciata un pacchetto morbido di sigarette, né prende un paio tra le labbra dopo averle tirate su con un paio di schicchere del dito indice date sotto al pacchetto; lo poggia, dalla pochette estrae un accendino.
Le sigarette sono allineate con simmetria, le accende entrambe, quindi ne passa una a Garet, mentre ritorna il cameriere con le ordinazioni ed un posacenere.
-Charlotte… Sapevo che saresti arrivata in alto, ma io…
-Tu mi rifiutasti, Garet. Mi rifiutasti non esponendoti.
-Charlotte, non ero oggettivamente al tuo livello.
-Cosa vuol dire?
-Vuol dire che non ti ho mai considerata perché avrei perso in partenza, tu eri una predestinata, saresti diventata una stella, ed eccoti, cantante giramondo di successo.
-E questo chi lo dice?
-Chi lo dice, cosa?
-Chi ha deciso che ero di un altro livello?
-Il fatto che tu sei… così, ed io, sono un ubriacone.
-Al mio fianco, saresti diventato il mio compositore.
-È probabile, ma non avrei avuto la…
-BASTA!- tagliò corto Charlotte con un debole strillo, quasi sussurrato –Sono scuse, tutte scuse…- sussurrò subito dopo con tono calmo ma con voce lievemente tremula.
-La verità…- proseguì la donna, riacquistando sicurezza, indurendo la voce –è che hai avuto paura, Garet. Hai preso un treno, 6 anni fa, ma non ti ha portato da nessuna parte. Forse scappavi da te stesso, forse scappavi dal villaggio. Ma la verità, è che avendo paura, quel giorno un treno l’hai perso, e l’hai perso partendo. Te lo feci capire in tutti i modi che avrei voluto un tuo passo in avanti verso di me, ma tu sembravi ogni volta sulle nuvole, ogni volta sovrappensiero, o forse facevi finta di esserlo per temporeggiare, per vedermi corrodere dalla frustrazione di un possibile rifiuto, forse eri, o sei uno stronzo narcisista. Nella prima ed unica lettera che ti mandai, mi limitai a dirti che avevi perso il treno, ma tu non capisti o facesti finta di non capire. Oggi ti dico quello che ho pensato in tutti questi anni, tutti i sottintesi che ho dato per scontati, ma evidentemente o non è così, o il tuo inconscio ti sta imponendo di fare lo stupido per punirti e sentire tutte le parole che hai sempre avuto paura di sentire. Io voglio sperare nella seconda ipotesi. Voglio sperare che quando ti stavi pisciando sotto ed io scoppiai a ridere al tuo ingresso a sorpresa in cucina, chiedendomi dove fosse il bagno, tu capisca che io ridevo con te, non di te.
Voglio essere convinta che quando ti parlavo dei miei ragazzi e tu non ti ingelosivi, fosse per la tua consapevolezza di codardia, e non per menefreghismo.
Voglio credere che al momento dei saluti, quando ti ripetevo ogni volta “Mai più dopo così tanto tempo.”, tu abbia capito che in realtà ti stavo dicendo “Ti prego, non salutarmi”. E che dopo ogni abbraccio, dopo ogni volta, tu sapessi che ti odiavo con tutto il cuore per non essermi corsa dietro.
E ti prego, non obbligarmi a dubitare del fatto che tu ti sia reso conto, quando dopo ogni telefonata rimandavo i nostri appuntamenti amicali, tu ti sia reso conto che non volevo più vederti, perché mi feriva vedere ogni volta l’uomo che ho perso, perso dentro i cazzi suoi, senza darmi neanche un aiuto su quale fosse la chiave per entrare almeno nell’anticamera dei suoi sentimenti.
Ti prego, Garet. Ti odio, ma ti odio in modo dolce.
E nonostante questo, ho sempre provato stima per la tua intelligenza, e ferirebbe la mia, di intelligenza, la mia, di autostima, sapere che ti ho sempre sopravvalutato, pur odiandoti per il tuo modo di essere così sfiduciato nei confronti della vita, a tal punto da obbligarti a non vivere e persistere in una situazione di stasi perenne.
Attimi di silenzio.
-Quindi questo è un addio?- furono le uniche parole che disse Garet, serioso, immobile.
-Non lo so. Per il momento, sì.- rispose Charlotte.
-Eppure, questa sera sarei dovuto essere io quello venuto per dare spiegazioni, invece sei stata te a parlare per tutto il tempo.- annuì Garet, prima di tentennare un po’ sul posto.
-Parla, ti ascolto.- disse lei, spegnendo la sigaretta e bevendo una serie di corpose sorsate di birra.
Garet poggiò il mozzicone ancora acceso sul bordo del posacenere, quindi tirò fuori dalla tasca del suo giacchetto il quadrifogli. Lo poggiò nei pressi del suo sottobicchiere, quindi dalla pochette di Charlotte prese il pacchetto di sigarette, battendole una volta sul lato del tavolo ne fece uscire due.
Le portò alla bocca, le accese con le braci residue del suo precedente mozzicone tenendole tra le labbra a formare una v, quindi ne passò una a Charlotte.
-Vedi, io sono un codardo. Prima di vederti, ero deciso ad intraprendere un viaggio alla ricerca della fortuna, alla ricerca di questo,- battendo due volte il dito medio sul quadrifoglio –e perciò come tale vado reputato. Non per amore, né per soldi o per ideali, ma per la fortuna, sì, chi possiede un quadrifogli caga soldi, ma questo è un altro discorso, principalmente di fortuna parliamo. Ho cercato la fortuna nelle mie qualità, ma non l’ho trovata, o lei non ha trovato le mie qualità. L’ho cercata nell’alcol, nelle amicizie improbabili, nella masturbazione intellettuale, nel reputarmi presuntuosamente un vinto da ciclo Vergano, precludendomi possibilità, sciupando occasioni… perdendo treni.
Garet aspira una violenta boccata di sigaretta, prima di continuare.
-Charlotte, la mia fortuna è insita solo e solamente nel credere in me. Tu non riuscirai mai a farmi credere in me, sarei solo un peso, ti trascinerei nel mio baratro di insuccessi e di vittorie sfiorate per un soffio, di cadute dalla quale è difficilissimo poi rialzarsi perché sarebbero cadute subite lottando contro me stesso. Charlotte, guardando l’abisso si scopre il mostro, toccando il fondo non sempre si risale, e ci sono certe cose che preferirò sempre rinchiudere dentro di me, lasciando che mi feriscano, piuttosto che lasciarle uscire affinché feriscano te. E tutta un’altra serie di revisioni di aforismi letterari del genere, lo so che certe volte la butto in confusione, ma questa volta, credo di essermi spiegato bene per la prima volta nella mia vita. Ed è per questo che io ti dico, Charlotte, che non mi interessa quando sarai pronta, io rimarrò sempre seduto su di una banchina della stazione, con lo sguardo rivolto verso l’arrivo del treno, non verso la partenza, ricordando malinconicamente ciò che non è mai stato, perché il solo pensiero di quello mi aiuta a sopportare meno il futuro che non ci sarà nel caso quel treno non ripassi mai più. Io ho finito. Qual è la tua risposta?- concluse secco il Luckyman.
-La mia risposta è: perché non ti sei mai, MAI arrischiato a tentare di chiedermi cosa provassi per te?
-Non si risponde ad una domanda con un’altra domanda.
-Tu rispondimi ed io risponderò alla tua.
-La risposta, come già ti ho detto, va letta nella chiave della mia indomita codardia. Preferisco avere la certezza di quello che ho già, struggendomi nel rimpianto di quello che non ho avuto per mio errore di valutazione, piuttosto che perdere tutto per quello che non ho e che forse non potrò mai avere. Preferisco sperare di diventare un vecchio pieno di rimpianti, intento a ricordare con malinconia la propria vita umile e sottotono, piuttosto che un vecchio pieno di rimorsi, intento a ricordare con rabbia e frustrazione una vita ricca di errori dettati dall’insoddisfazione generale di dover puntare sempre più in alto, sempre a qualcosa di più.
-Perché le tue risposte sono sempre così permeate di melanconia, io mi chiedo.
Attimi di pausa, parte improvvisamente a volume basso “Where cedar nouns and adverbs walk” dei The Most Serene Republic, dal minuto 2:29.
-È nella mia natura, colmare i miei vuoti, riempire i miei baratri, forse vanamente, ma al meglio che possono le mie possibilità. Ora, qual è la tua risposta?
-Io amo i tuoi baratri. Ma tu saresti disposto a sorreggermi nei miei?- rispose lei sussultando, quasi singhiozzando.
La canzone va in crescendo, e mentre cresce Garet poteva dirle che le era corso incontro, l’ultima volta che si videro sotto casa sua, ma se non aveva avuto il coraggio per dichiararsi, figuriamoci ad urlare il suo nome per richiamarla indietro così da poterlo fare.
Poteva dirle che era disposto a mollare tutto, essere finalmente un uomo, e portarla via con sé.
Non quel tipo di uomo che lavora, porta lo stipendio a casa, pareggia i conti delle bollette e tiene sempre un salvagente sotto il culo per non affogare.
Ma quell’uomo che vive alla giornata, che non si vergognerebbe a sopportare orari da zingaro pur di svoltare qualche verdone, né si vergognerebbe a campare a spese della propria donna nel caso l’amasse profondamente e fosse ricambiato.
Quell’uomo disposto a camminare da un capo all’altro di una metropoli solo per un rapido ciao, quell’uomo in grado di animare qualunque festa, o di capitare all’interno di qualunque festa per caso, a sorpresa, senza nemmeno impegnarsi troppo.
Poteva diventare l’icona, l’ambito, il top player.
Quell’uomo che era tutto il contrario di come Garet si era descritto poc’anzi.
Tutte cose che Garet era già stato, prima di rendersi conto che il tempo non torna indietro, che i treni se passano non è detto che ritornino a meno che non si cambi la stazione dove aspettarli, che un uomo ha tanto il diritto di sbagliare quanto il dovere di riscattarsi, e lui al dovere aveva adempiuto a metà, fino ad ora.
Garet poteva restare, ristabilire la sua felicità, alzarsi e compiere un plateale gesto di riconquista, magari anche con ottime probabilità di riuscita, se solo avesse utilizzato il lato chiaro del suo carattere, quello solare, la via dello jedi.
Ma la paura è il peggior nemico che un uomo possa affrontare, soprattutto se la paura è sempre la stessa, quella di non essere all’altezza.
Il guerriero quando è in pace lotta contro sé stesso.
Garet ha lottato contro sé stesso in tutti questi anni, ma la guerra l’ha sfiancato, proprio ora che ha la possibilità di vincerla.
Garet può vincere la guerra, questo è quello che pensa, prima di cedere, prima di veder crollare tutte le sue certezze nella vacuità del suo sguardo, prima di spegnere il suo mozzicone di sigaretta sul quadrifoglio, prima di finire la birra a metà, lasciandosene gocciolare addosso una gran quantità, prima di alzarsi, girarsi e andarsene.

Capitolo 15

(Parte “Bukowsi” dei Modest Mouse)

La telecamera inquadra nella metà sinistra dello schermo il mezzobusto di Garet Jax, che cammina verso la stessa, in slow motion. Nella metà destra vediamo allontanarsi il tavolo di Charlotte, con lei che abbassa la testa, una mano sul suo sguardo, probabilmente piangente.
Sul lato destro, scorrono i titoli di coda su di un susseguirsi di immagini quartierali di sobborghi borghesi mostratici dopo l’uscita del Luckyman dal pub, mentre sul sinistro Garet impassibile nella sua autocommiserazione, continua a camminare, fino alla fine della traccia, coincidente coi i credits.
[Modificato da HHHThegame 17/12/2015 13:46]
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Il film di Natale del Luckyman, uscito scaramanticamente il 17, accorrete a vederlo. [SM=x1183760]
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