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Uno Svitato Quasi Normale [Kratos; Ciclo Geek Warrior 1/5]

Ultimo Aggiornamento: 06/05/2015 19:36
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06/05/2015 19:33
 
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Questo ciclo di spot copre l'arco della storia di John Kratos dal 1997 al 2005, l'anno del suo debutto in WBFF Wrestling.


UNO SVITATO QUASI NORMALE
CICLO GEEK WARRIOR 1/5


New York. Settembre 1997.
Molti anni prima di diventare il Greek Warrior. Ancora prima di mettere piede a Nashville dove lui avrebbe cominciato ad allenarsi come lottatore di Wrestling. Più che un uomo, nel 1997 Kratos era ancora un ragazzo spaesato. Un ventenne che voleva farsi strada come studente universitario di Programmazione informatica. Privo di vita sociale, o almeno lui si considerava tale. Per mantenere i suoi studi, lavorava part-time in un negozio di riparazioni di computer, in particolare baracconi della decade precedente che smettevano di funzionare da un giorno all'altro. Considerata l'epoca, era molto facile che i clienti non sapessero l'entità dei loro guasti ed avrebbero creduto a qualsiasi causa. Tuttavia, John Kratos era sempre sincero.

"Ha provato a spegnere e riaccendere? Ecco, perfetto, il guasto è risolto. Buon pomeriggio!"
"Ha provato a spegnere e riaccendere? No, quello non è il contenitore di lattine, è il lettore dischi!"
"Ha provato a spegnere e riaccendere? Le sto dicendo che non deve recitare preghiere per aumentare le prestazioni, deve comprare un blocchetto di Random Access Memory - RAM!"

Sconsolato, l'uomo proveniente da Sparta faticava ancora a mascherare il suo accento greco, perciò era spesso considerato uno straniero, secondo gli americani cosa poteva saperne uno straniero di computer? Tant'è che Old Peter, il proprietario del negozio, tendeva a passargli clienti stranieri, così da liberarsi di quelle 'complicazioni linguistiche'.

"Mucho gusto!"
"Il computer è stato riparato. Lei mi deve 40$ 'muricani!"
"Mucho obrigado!"
"Ha capito quello che le sto dicendo?"
"Jajajajajaja, yo como una manzana mientras tù hablas."
"..."

Una vita normale, decisamente ordinaria. Deve studiare in un settore così difficile come quello informatico, che poi in realtà è tutta matematica applica a teoremi, algoritmi, purezza stilistica e soprattutto... compilazione manuale, una ricerca continua dei propri errori.

"Quel dannatissimo punto e virgola! Sono le sei del mattino e fra un'ora devo essere in università. Perché... perché non me ne va mai bene una?"

Forse, fu quello il suo primo 'punto di contatto' con qualcosa di misterioso. John ricordava ancora bene quegli strani sogni che faceva da adolescente, quelli in cui le figure della mitologia greca gli parlavano e prevedevano per lui un grande futuro come guerriero spartano. Il ragazzo aveva deciso di riderci sopra, dandosi da solo il soprannome di GEEK WARRIOR, il guerriero della tecnologia. Il suo look rispecchiava questa 'gimmick', occhiali spessi, cappello stropicciato sopra ai suoi capelli corti. Sì, Kratos aveva i capelli, incredibile solo ad immaginarlo. E poi erano immancabili quelle magliette sui videogiochi che nel 1997 non erano ancora di moda, quasi a farlo passare per un hipster.

"Ehi, Frank, stasera tardo un po' al raduno in Locanda. Sono presissimo da Viral Fantasy VII e sto per finire il primo disco, sto giusto andando a salvare il mio personaggio preferito. Oh, Kurwa! L'hanno appena infilzata. Nah, non può morire, nei videogiochi i buoni si salvano sempre, soprattutto perché ho speso 40 ore a farla salire di livello ed ottenere la Limit Break di quarto livello. Insomma, non possono farmela fuori così. Vero? Vero? Cosa??? L'hanno fatto, l'hanno stradannatamente fatto. Mark my words, Frank, stasera sarò incacchiato come uno che ha appena comprato Windoge 98 senza l'Expansion Pack della memoria e non riesce a farlo girare."

Al raduno fra amici, John si sentiva a suo agio, per lui quella Locanda, così chiamavano il circuito intellettuale di geek e nerd riuniti in una collaborazione esclusiva, era il suo unico segnale di vita sociale, anche se loro più che esseri umani assomigliavano a Troll, o a Trent, le piante-spirito delle foreste.

Frank: "John, ehi, John, la finisci di usare il cellulare? Il tuo personaggio si trova in una radura sacra, perciò butta via quella roba... non lo sai che i telefoni cellulari andranno fuori moda entro un paio di anni? La gente riscoprirà il piacere della conversazione telefonica da casa!"
John: "Cambia qualcosa?!?"
Frank: "Certo che cambia."
John: "Io penso che andranno di moda le chat, sconosciuti si parleranno per ore e diventeranno amici per via degli interessi comuni."
Frank: "Sciempiaggini, le chat lasciamole a chi ragiona con una parte del corpo che non è il cervello!"

Era un gruppo di amici, però la maggior parte di loro apparteneva per di più alla categoria dei nerd.

Glenn: "John, hai già visto la mia videorecensione sulla guerra fra N64 e PS1?"
John: "Ha vinto il pc?"
Glenn: "Per carità, no! Sei proprio un geek, elfo oscuro che non sei altro."

John mostrò la lingua e lo sguardo ebete da mulo agli amici, gli piaceva fare lo stupido con loro. Nessuno lo considerava uno straniero, lì erano tutte creature di fantasia, a parte il Game Master, che di solito veniva interpretato dal santone del gruppo, l'uomo dall'aura da sovrano, Caesar.

Caesar: "Che la seduta di stanotte abbia inizio! Traete il dado e vediamo chi di voi farà il punteggio ideale per superare il Rubicone."
John: "Ave, Caesar!"

La felicità era a portata di mano. John sperava che quel periodo finisse in fretta, tuttavia si rendeva sempre di più conto che quelle erano belle sensazioni. Sfuggenti, perché in cuor suo sapeva che non sarebbero durate a lungo. Quella normalità era destinata a terminare, ma non quella notte.

New York. Novembre 1997.
Uno stupido errore. Uno stupidissimo errore che solo un idiota poteva commettere. John stava cercando su Internet dei modi per riportare in vita il personaggio del suo videogioco preferito. Sapeva che doveva esserci un modo, sicuramente non potevano lasciare quella povera ragazza in quelle condizioni! Distratto dalla sua ricerca, John premette il tasto sbagliato. C'era un Format di mezzo, e pure un C:\ Formattazione completa tramite riga di comando del pc di uno fra i clienti più fastidiosi. Quello non era straniero, l'inglese lo parlava benissimo perché era americano purosangue. Un cliente dalle alte pretese: non toccare alcun dato, non cancellare nulla. In effetti il virus sul computer era già stato rimosso, ormai insieme ad esso se n'era andato anche l'intero contenuto dell'hard disk.

"Lei ha fatto una copia di backup?"
"E che vuol dire?"
"Lo sto chiedendo se ha copiato il contenuto del disco su un altro disco."
"Mi prende per scemo? Ho un disco unico. Non è che esistono dischi che si possono portare dietro!"
"In realtà esistono, ad esempio le memory pen..."
"Per carità, lei mi sta prendendo per i fondelli. Allora, me l'ha tolto il virus?"
"Yup."
"E quindi... è tutto a posto?"
"No, ho dovuto formattarle il disco."
"Grrrrrrrrrrr."
"Tutto capita per una ragione... sento che questa frase potrebbe diventare la tagline ideale per una serie tv."
"GRRRRRRRRRR!!!"

L'uomo provava collera in quel momento. John scrutò il suo sguardo vendicativo. Pagò per il lavoro svolto ma puntò il dito verso di lui.

"Non finisce qui, straniero, ci rivedremo presto. Farai meglio ad andartene."

Una minaccia dettata dalla rabbia, questo pensava il povero lavoratore che era appena stato minacciato, anche se in effetti l'errore era tutto suo. Non aveva tempo per pensare a queste cose, voleva tornare a casa e mettere in pratica le scoperte della ricerca svolta in mattinata. Quella sera vide il cliente fuori dal negozio in compagnia di un paio di amici. Quando l'uomo puntò il dito verso di lui, John comprese tutto, anche se non voleva crederci. Due persone armate di mazze da Baseball erano giunte per dargli una sonora lezione.

"Penso che ci sia un errore..."
"Errore? Non credo proprio. Ho perso un progetto losco che mi avrebbe reso ricco a causa tua, lascia almeno che io mi prenda una soddisfazione. Inoltre, sei grande e grosso, sicuramente qualche colpo lo sopporterai senza problemi."
"No, aspettate, è meglio se non mi colpite."
"Chiedere pietà non ti servirà a nulla."
"Non è per me che lo sto chiedendo, ma per voi idioti!"

Quando loro lo aggredirono, John reagì d'istinto, afferrò una delle due mazze da Baseball e la usò per colpire l'altro ancora armato alla gola. Un colpo secco, capace di togliergli il respiro per qualche secondo. Il primo invece provò ad aggredirlo, ma commise un errore, cercò di colpirlo con un pugno. Per John fu semplice difendersi, gli bastò sferrare una ginocchiata e colpirlo alla milza. Il cliente invece rimase indietro, preoccupato dalla reazione.

"Sporco straniero, come osi far questo ai miei amici?"
"Hai intenzione di vendicarli? Tutto sommato non gli ho fatto del male, mi sono soltanto difeso."

Quell'uomo così carico di rabbia non era venuto disarmato, tirò fuori un coltellino dalla giacca e lo puntò in avanti. Con quell'arma bianca non aveva paura di quel gigante greco, sapeva di poterlo spaventare. Eppure, John non mostrò alcun segno di stupore. Per lui avere un'arma davanti non gli faceva effetto, o meglio lo spingeva a far pompare più intensamente il suo sangue, adrenalina in vista di una battaglia. Anni prima era sopravvissuto ad un incidente in cui la sua famiglia aveva perso la vita, perciò aveva già visto in faccia la morte senza essere fregato da essa.

"Mi dispiace, avrei tanto voluto continuare ad essere quello di sempre."

In quel momento, dopo una confessione anticipata, tutto si spense. Fu l'istinto ad avere la meglio. No, non era l'istinto, era un impulso innato nel suo cervello. Un impulso dovuto ad uno specifico ordine innescato nei meandri della sua mente.
Greek Warrior.
John Kratos, il messaggero degli dei.
Fu quello il momento in cui si risvegliò la sua natura, che poi non era nemmeno 'naturale', ma bensì il prodotto di qualcosa di decisamente più brutale. In pochi secondi il coltello era a terra e quel razzista invece era a subire una raffica di pugni al volto. Un pugno dopo l'altro, si pentiva amaramente non solo di essere intervenuto, ma perfino di esistere. Quell'uomo in quel momento avrebbe voluto morire, ma John non era capace di prendersi una vita. Anche senza vincoli morali, John lo lasciò a terra in un lago di sangue e con la mascella distrutta. Quell'uomo avrebbe vissuto, magari si sarebbe estinto da anziano, però quell'esperienza ormai l'avrebbe cambiato nel profondo.

"Dimenticati di me, bastardo, ricordati della gloria di Sparta ogni volta che cercherai invano di aprire la bocca."

Con quelle parole che nemmeno lui sapeva da dove fossero uscite, John minacciò quella maschera di sangue. Gli voltò le spalle, lasciandolo vicino ai suoi amici, che invece di aiutarlo fuggirono immediatamente. Infedeli all'amicizia, erano soltanto dei vili individui. Intervenire nella notte per proteggere se stesso fece sentire bene quello studente abituato ad una vita ordinaria.
Ma c'era un testimone, un uomo grande e grosso di colore che lo scrutava con una divisa in pelle da motociclista.

"Interessante, decisamente interessante."
"Non è come pensa lei, mi sono semplicemente difeso."
"Oh, ma io vedo benissimo che ti sei difeso, ragazzo. D'altronde, quelli erano armati e tu no."

John era ormai tornato in sé, provava angoscia nel vedere che si era lasciato dietro un testimone, tuttavia quella persona non sembrava avere intenzioni ostili nei suoi confronti.

"Ma tu chi sei?"
"Io sono... il Numidian Hero. L'eroe della Numidia, anche se non sono realmente algerino. Non ho bisogno di una maschera per proteggere la gente indifesa. Viaggio con la mia moto alla ricerca di potenziali eroi che decidano di intraprendere una grande missione: aiutare chi è in pericolo, ovunque nel mondo."

Il Numidian Hero apparve fiero del suo discorso, John di supereroi ne aveva conosciuti molti nei fumetti e quello sembrava il più classico 'wannabe hero' che potesse esserci.

"Tieni il mio numero di telefono, se deciderai di intraprendere anche tu il percorso dell'eroe, non esitare a chiamarmi. Ma pensaci con calma, quando si diventa eroi è impossibile tornare indietro."
"Obike? Chi è Obike?"
"Io sono Obike, almeno nella vita reale mi chiamo così, non ha alcuna importanza."

Detto questo, il Numidian Hero si dileguò a bordo della sua moto sfolgorante di alta cilindrata. John fissava quel numero di telefono con trepidazione. Tornato a casa, asciugò il sangue dalle mani, si accorse che sarebbe stato difficile mascherare il gonfiore delle sue nocche, dunque decise di usare i guanti e dire a tutti che aveva freddo. Rimase un amletico dubbio nella mente dello studente universitario: quel Numidian Hero esisteva davvero oppure era frutto della sua immaginazione? Un giorno come gli altri, John avrebbe trovato la forza di comporre quel numero.

New York. Marzo 1998.
Dal momento in cui John si difese dall'assalto dei tre aggressori, ricominciarono i suoi sogni particolari. Figure possenti della mitologia greca che lo chiamavano a guidare la causa di far conoscere al mondo gli dei dell'Olimpo. Sogni strani, quasi realistici, ma John sapeva che quella era finzione, che i sogni sono semplicemente sogni. Eppure, dopo mesi di turbamento interiore, il ragazzo decise di mettere alla prova la sua sanità mentale, chiamò Obike, il Numidian Hero. All'inizio nessuno rispose, ma lui fece un altro tentativo e stavolta sentì una voce provenire dal telefono.

"Chi mi sta chiamando?"
"Sono John, ci siamo incontrati a novembre."
"Ah, sei quel bambino che ho salvato gettandomi di corsa in una casa in fiamme?"
"Assolutamente no! Comunque vorrei incontrarti e parlare con te."

John riuscì a concordare l'appuntamento con il Numidian Hero, sentiva che da quel momento la sua vita avrebbe preso una svolta. Da fanatico dei fumetti, si chiedeva se fosse possibile diventare un eroe pur non avendo poteri. Ormai la sua vita stava già iniziando a cambiare, quella normalità così regolare stava per lasciare spazio ad un vortice senza uscita. Era stato avvisato, semplicemente aveva deciso di ignorare quell'avvertimento e lasciarsi trasportare da una riscoperta di se stesso. Il Geek Warrior ed il Greek Warrior non erano più due entità così distanti fra loro.

Continua nel capitolo 2.
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06/05/2015 19:36
 
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La Marvel ha il suo universo narrativo? Pure io, vi presento questo spot che fa parte del Cith Universe, ovvero il mondo narrativo dei miei personaggi, che è più intrecciato di quello che sembra.
Questo primo capitolo getta luce su un passato che Kratos pareva aver lasciato da parte.
Vi raccomando di leggerlo adesso, sinceramente aspettare di avere il ciclo concluso sarebbe inutile, potrei finirlo fra due anni, non ho alcuna data prevista per il secondo capitolo. Lo spot è pronto da mesi, ma ho scelto di metterlo online ora.

Nessuno prima d'ora sapeva cosa avesse fatto Kratos nell'arco di quegli anni precedenti alla WBFF.
[Modificato da cell in the hell 06/05/2015 19:38]
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