Bloody Desperation 08.01.2016
“Di quanta onta siamo disposti a macchiarci prima di esplodere?”
Un uomo cammina tenendo le mani intrecciate dietro la schiena cambiando direzione di tanto in tanto ma mantenendo sempre la solita velocità e postura, rivelando una rigida pazienza militare contrariamente al tono aspro della sua voce. Intorno a lui una stanza con pochi elementi di arredo orientale, un numero così esiguo da dare la sensazione di essere stati sistemati lì frettolosamente per ricreare nel miglior modo possibile un’atmosfera aliena a un simile luogo.
L’uomo si ferma e si volta verso l’interpellato, un uomo di notevole stazza per quanto seduto e oscurato dal suo costume nero, reso temibile dalle tre maschere di diverse espressioni che circondano la sua testa.
“Quanto ancora? Dimmi.”
“…………….”
Il giapponese non si piega alla tacita risposta, di norma un simile dialogo in tali posizioni porterebbe a pensare un ipotetico spettatore che l’uomo in piedi stia sgridando un suo sottoposto, similmente ad un padre che sgrida il figlio incapace di rispondere all’autorità patriarcale. Ma status e ruoli sono indefinibili in questo quadro e se qualcuno fosse presente nella stanza non penserebbe ciò, complice l’inquietudine generata dal costume dell’uomo seduto e il tono duro ma non austero dell’asiatico.
“Non hai voce per rispondermi, lo so. Sono sempre io a parlare, tu forse ad ascoltarmi. Saranno le azioni che intraprenderai dopo il mio discorso a dimostrare quanta importanza avrai dato alle mie parole. Spero davvero che stavolta non sarà fiato sprecato.”
“……………..”
L’uomo ricomincia a passeggiare, stavolta attorno alla figura seduta.
“Devo ripetere ciò che ho già detto poche settimane or sono, cose sostenute ed espresse ormai ogni giorno ma per te solo sibilo di vento: questa distrazione deve finire!”
Un breve sguardo rivolto all’ascoltatore, poi ricomincia la camminata.
“Io ti ho appoggiato sin dall’inizio, io stesso ti ho accompagnato e rappresentato. Ho pensato che potesse essere una copertura, un messaggio criptato rivolto a questa società ignara…L’Ombra ti ha persino impersonato quando eri assente, lo sapevi? Ah, chissà se hai ancora una visione limpida di questo mondo…comunque, ho fatto di tutto perché questo gioco reggesse. Finché ognuno faceva al meglio la sua parte poteva funzionare. Finché vincevi, Straniero!”
“……………………………”
Una pausa forte, per far recepire al meglio il duro messaggio.
“Che senso ha questo gioco se perdi, Straniero? Non possiamo permettere l’esistenza di ciò che è atto a renderci ridicoli. Prima era solo distrazione, ora è anche motivo di derisione. Questa società ci riderà dietro, Straniero, e non può esistere vittima che ride del suo carnefice, agnello che lecca il suo macellaio! Per questo ti do il mio ultimatum: BASTA CON IL PURORESU!”
Silenzio.
“……………………………………………………”
Il giapponese scatta verso lo Straniero inginocchiandosi e allungando una mano verso una delle maschere, stavolta sul suo volto è stampato un sorriso ansioso, come pentito di quanto appena affermato.
“Ma chi sono io per darti ultimatum? No, io non ti minaccio, Straniero! Io non ho nemmeno il diritto di toccarti!”
Ritrae la mano.
“Ma non possiamo proseguire su questo cammino, devi comprendere. No, non fraintendere, non è un ordine. Tu PUOI comprendere. Tu non vedi né senti come va questo mondo perché percepisci mondi più elevati. Tu sei sopra di noi, Straniero! Ma noi siamo la tua Ombra, la tua guida in questo mondo terreno. Tu devi seguirci, noi sappiamo cosa è meglio per te qui e come riuscirai a conquistarlo tutto. Tutto!”
Il giapponese ansima fissando il pavimento sul quale appoggia le mani, il cranio a mezzo metro di distanza dalla maschera dello Straniero impassibile.
“Non puoi perdere ancora. Non puoi giocare ancora. Non possiamo guidarti nel sollazzo di una società destinata a finire divorata assieme a tutti i suoi balocchi. Per questo nell’Epopea del Gaijin non vi saranno più capitoli di puroresu. La lotta sarà spietata e cruenta, ma non sarà combattuta su un ring a quattro lati di fronte a un pubblico pagante.”
“………………………”
Il manager giapponese con un balzo si allontana e volta le spalle allo Straniero, ricomponendosi e tornando al suo solito atteggiamento posato, come se avesse rimosso quanto avvenuto pochi secondi prima. Un colpo di tosse coperto dal pugno, poi torna a parlare.
“Mi sono persino esposto, ho parlato con i tuoi avversari prima dell’ultimo scontro. Li ho di fatto minacciati avvisandoli di un grosso pericolo che avrebbero vissuto nell’affrontarti. Qualcuno di loro mi ha anche deriso, ma nessuno ha desistito. Loro non ti temono, quindi la situazione è ancora peggiore di come l’ho descritta!”
“………………………….”
“Mi stai biasimando? Non avrei dovuto invitare i tuoi avversari a rinunciare allo scontro? Eppure io sono certo di aver agito nel giusto. Alla fine non è avvenuto niente di quanto detto, ma un giorno accadrà. Verrà il giorno in cui la combinazione di quelle maschere porterà a qualcosa di epocale e di…definitivo. E allora nessuno vorrà trovarsi di fronte a te. Ma ciò sarà anche l’esposizione pubblica del nostro scopo, ed è ciò che dobbiamo evitare. L’Ombra deve restare nascosta nel buio, Straniero, dannazione. Basta telecamere e siparietti televisivi. Basta con questo dannato wrestling!”
“…………………………..”
“Lo so, sembrava nuovamente un ordine. Ovviamente non lo è ma…dobbiamo voltare pagina, stavolta definitivamente. Spero che il fatto di aver parlato con i tuoi avversari non sia motivo di un tuo disappunto, in fondo è acqua pass…”
CRASH!
Un vaso si spacca sulla testa del giapponese facendolo crollare a terra privo di sensi, a colpirlo lo Straniero che si toglie la maschera rivelando un volto…
“Erano mesi che desideravo farlo!”
E Derrick Mortimer detto Kolme rimane in piedi a guardare il suo operato, pronto per la prossima mossa.